La
Prima Guerra Mondiale ha lasciato sulle Alpi molte tracce, ben visibili
ancora oggi, a
più di cent'anni dalla sua conclusione.
Le seguenti gallerie fotografiche desiderano illustrare la Grande Guerra in questo settore particolare, che si articolava sulle più alte vette delle Alpi Orientali, tra rocce e ghiacciai, fino ed oltre i 3.000 metri di altitudine. Le fotografie desiderano essere testimonianza fedele di scontri che hanno avuto luogo ad altezze e su terreni incredibili, testimonianza del valore e del coraggio straordinario degli uomini impegnati negli opposti schieramenti, protagonisti di imprese divenute leggendarie.
Oggi chi percorre i sentieri d’alta montagna, di alcuni dei più belli gruppi dolomitici, non sempre si accorge di camminare su sentieri scavati nella roccia, con immani fatiche dagli Alpini italiani o dai Kaiserjäger austriaci, di questi, uno degli esempi più significativi è sicuramente la Strada degli Alpini nel sottogruppo del Popera-Dolomiti di Sesto. Vie e camminamenti militari che sapientemente ripristinati e collegati fra loro consentono di visitare montagne, altrimenti precluse ai semplici escursionisti, come il sentiero Ivano Dibona sulla cresta del Monte Cristallo-Dolomiti di Cortina. Anche la zona delle Tre Cime di Lavaredo, forse le montagne più famose delle Dolomiti è ricca di testimonianze della Grande Guerra, trincee, baracche, caverne, teleferiche e casermette si trovano in abbondanza sulle creste del monte Paterno, della Torre di Toblin e del Sasso di Sesto. Quelle che oggi sono le peculiarità della bellezza delle Dolomiti, le guglie, le strapiombanti pareti, le affilate creste, i canaloni ghiacciati, a quel tempo erano i campi di battaglia di un’aspra guerra di posizione, resa ancora più dura da quella che fu chiamata la Guerra di Mine. Quest’ultima si basava sullo scavo di gallerie sotterranee (all'inizio con il piccone, in seguito con i compressori) e il successivo minamento delle posizioni avversarie. Le Tofane, il Col di Lana-monte Sief, e il Monte Lagazuoi nascondono ancora nel loro ventre queste incredibili opere.
Il ghiacciaio della Marmolada rappresenta uno dei più significativi
esempi della guerra in alta montagna. Per sfuggire
al tiro delle artiglierie italiane, sulla
liscia superficie del ghiacciaio, i
Kaiserjäger austriaci cercarono riparo al suo interno, scavarono lunghe gallerie
e
caverne nel ghiaccio,
usufruirono di crepacci e grotte naturali,
costruirono
ricoveri,
depositi e osservatori per centinaia di uomini, realizzarono così la famosa
Città di ghiaccio nella Marmolada. Tutto questo soprattutto per affrontare le
terribili condizioni ambientali e climatiche, tra incredibili difficoltà di
rifornimento di viveri e di materiali. Il vento, il freddo, (soltanto misere
stufe per riscaldarsi) e le
slavine divennero il vero nemico dei soldati. Più che una battaglia tra
eserciti contrapposti, quella divenne una guerra dell'uomo contro la montagna.
La più grave minaccia infatti che la montagna fece pesare sui soldati (in
maniera tragicamente equa) proveniva dalle valanghe. La più devastante fu
quella che il 13 dicembre 1916 si staccò proprio dalla cima della Marmolada, da
Punta Penia, e provocò in un solo istante 300 morti.
Dal ghiacciaio della Marmolada, ai ghiacciai dei Gruppi Ortles-Cevedale-Vioz. Fu chiamata la Guerra Bianca quella combattuta tra le bianche distese, delle cime più alte del fronte alpino. Pesanti pezzi d'artiglieria venivano portati fino a quote impossibili. Il fronte, tra i ghiacci dell'Adamello-Cresta Croce, del Cavento e i graniti del Presena-Corno del Lago Scuro, (ferrata Fiori) sono fra quelli della Guerra Bianca, a registrare le maggiori battaglie e a sostenere un peso strategico maggiore.
Come
si diceva all’inizio,
reperti,
resti di
manufatti bellici,
baracche in caverna,
baracche abbarbicate
sulle rocce e
gallerie
costellano ancora oggi le montagne dell’arco alpino orientale. Fino a pochi decenni fa,
erano considerate una presenza che turbava la bellezza del panorama montano, la
testimonianza della barbarie di una guerra difficile da comprendere. Per fortuna
negli ultimi anni il giudizio è cambiato,
grazie ad un’opera di archeologia
bellica e di restauro, oggi molti tratti del fronte sono diventati musei
all’aperto della Grande Guerra. Interessanti esempi sono il
Monte
Piana e
le Cinque Torri sulle Dolomiti, oppure il
Monte
Pal Piccolo e il
Monte Freikofel
sulle Alpi Carniche. Le testimonianze recuperate ora ci parlano in
un nuovo linguaggio, utile per la conoscenza e la convivenza in
pace.
Musei all'aperto della GRANDE GUERRA | |
Alpi Carniche | |
CRETA di COLLINETTA | |
FREIKOFEL | |
PAL PICCOLO - MG Nase - Ala Destra- | |
PAL PICCOLO - Cima di Mezzo - Portatrici Carniche | |
Alpi Giulie | CUEL dai PEZ-CUEL TAROND |
DUE PIZZI-PIPER | |
JÔF di MIEZEGNOT | |
JÔF di SOMDOGNA | |
VAL SAISERA | |
Dolomiti
|
|
CIMA D'ASTA-LAGORAI- Valpiana-Cengello-Socede | |
CINQUE TORRI | |
COL dei BOS | |
COL di LANA-SIEF | |
LAGAZUOI | |
MARMOLADA - Serauta - FORCELLA V | |
MARMOLADA - Serauta - Zona Monumentale | |
PATERNO | |
PIANA | |
SASS DE STRIA | |
SASS DE STRIA-gall. Goiginger-ferrata Fusetti | |
Ortles-Cevedale | Punta LINKE -monte Vioz |
Prealpi vicentine |
Alpe CIMBRA |
Altopiano di ASIAGO | |
Monte Grappa | |
Monte Pasubio |
|
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