Album di fotografie e descrizione della Ferrata delle Trincee sulla catena del Padon. La cresta frastagliata del Padon inizia dal Passo Pordoi e termina a Rocca Pietore, per una lunghezza di circa dieci chilometri ed è la catena più settentrionale del Gruppo della Marmolada. La sua caratteristica principale è di essere costituita da rocce vulcaniche, le quali si mostrano in modo evidente là dove le punte rocciose, slanciate e ripide, si elevano dal manto verde con la loro tipica colorazione nera, in forte contrasto geologico con il grigio calcare delle Dolomiti. La sua visita è molto interessante, in primo luogo per le splendide vedute che offre verso lo scintillante ghiacciaio della Marmolada, (con il famoso il sentiero a mezzacosta “Viel del Pan”). Secondariamente per la “Ferrata delle Trincee”, un percorso tecnicamente difficile, straordinariamente panoramico, che sale e traversa l'articolata cresta, (da Porta Vescovo al Passo Padon), formata da torri, pinnacoli, guglie e verticali pareti. Anche questo settore della Marmolada fu coinvolto dalla Prima Guerra Mondiale 1915-18, la ferrata infatti attraversa tutto il fronte ricco di postazioni, trincee e gallerie, da cui il nome. La nostra proposta consente con un itinerario ad anello, di percorrere tutta la ferrata da ovest a est, (divisa in due tratti), di salire le due cime principali della catena del Padon, Mesola 2.727 m. e Mesolina 2.642 m., e rientrare attraverso i verdi pendii inclinati e le ampie terrazze erbose ai piedi delle cime laviche.
ACCESSO - Il punto di partenza dell'escursione è il Passo di Fedaia, ampio valico che mette in comunicazione la Val di Fassa (Canazei) con la Val Pettorina (Rocca Pietore). Si prosegue con la strada fino alla diga del lago di Fedaia, dove si parcheggia.
ITINERARIO -
Via Ferrata delle
Trincee – Dal lago di Fedaia, nei pressi del rifugio E.
Castiglioni 2.044 m., attraversata la strada, inizia il sentiero per
Porta Vescovo
(CAI
N°601A).
Una larga traccia sale il dolce vallone erboso che scende dal valico
posto al centro della catena del Padon. Dopo circa un'ora si raggiunge
Porta Vescovo 2.478 m., un'ampia sella dove si trovano il rinnovato
rifugio Luigi Gorza e l'arrivo della funivia da Arabba. Si prosegue con
un sentierino verso est
(CAI
N°636)
per
raggiungere l'attacco della ferrata.
Di
primo mattino, con la montagna in controluce, la vista dell'oscuro
castello pietrificato di rocce nere della Mesola può creare qualche
inquietudine, preoccupazioni che aumentano, avvicinandosi
alla verticale bastionata lavica della parete ovest, osservando dove si sviluppa la
parte iniziale della via. Abbandonato il sentiero che prosegue verso
Passo Padon, una tabella indica un sentierino che in breve
raggiunge la base della parete, punto di partenza della "Ferrata
delle Trincee"
Realizzata nel 1973, è una delle più belle vie attrezzate delle Dolomiti:
impegnativa per i passaggi tecnici, divertente per l'arrampicata sulle
lisce e verticali guglie, interessante per le testimonianze della Grande
Guerra, ma soprattutto entusiasmante per gli
straordinari panorami. Lungo tutto il suo percorso, sulle creste
articolate di torri e pinnacoli della Mesola e della Mesolina, le
visioni sono eccezionali, a meridione l'immensa "Regina delle Dolomiti",
la Marmolada, dalla parte opposta quasi tutti i più famosi gruppi
dolomitici, il Catinaccio, il Sassolungo, il Sella, le Tofane, l'Antelao,
il Pelmo,
il Civetta...
Il tratto iniziale della Ferrata
delle Trincee è il più difficile,
con una paretina verticale, dove non ci sono buoni appigli e nemmeno
pioli metallici,
indicata solo ad escursionisti dotati di esperienza nella tecnica di
arrampicata.
Il cavo ottimamente fissato offre comunque un grande aiuto
(e sicurezza !!) per superare questo tratto che presenta alcuni passaggi
di 3° grado, dove la roccia vulcanica, fusa milioni di anni fa, è priva
di fessure e avara di appoggi. Superato il "passaggio chiave", la ferrata rimane comunque
impegnativa, (anche se non si raggiungono più le difficoltà tecniche
precedenti), si sale un ripido diedro, che però presenta buoni appoggi
per i piedi, a cui segue un'altra placca liscia, che conduce sotto ad un
caratteristico "tetto". Si traversa sotto di questo da sinistra a destra
fino a raggiungere lo spigolo tra i versanti ovest e sud, si
sale tutto lo
spigolo leggermente meno verticale, che conduce alla cima
di questa prima parete impegnativa e articolata. Il proseguo della
ferrata è entusiasmante, si traversa orizzontalmente su l'aerea cresta
circondati da un panorama mozzafiato, fino ad un caratteristico
ponticello che supera una fenditura. Superato il ponte, si
affronta un'altra torre, si scala un diedro e si
raggiunge la cima ovest della Mesola 2.727 m. (Bec-Sasso di
Mezzodì)
Si scende dalla parte opposta la ripidissima parete est della vetta,
alta circa 90 metri, seguendo il cavo metallico, praticamente verticale
con passaggi esposti e delicati, e si arriva ad una bella sella, davanti
ad un caratteristico monolito. Qui termina il primo tratto della Ferrata
delle Trincee, il più impegnativo e tecnico (1,30-2,00 ore). Una serie
di tabelle indicano la via per rientrare velocemente a Porta Vescovo,
oppure per proseguire sul II° tratto della via attrezzata, meno
impegnava ma più lunga. (Dal bivio si osserva, verso sud, una slanciata
guglia, dove recentemente sono state realizzate due difficili ferrate,
una per la salita e una per la discesa della cima, molto tecniche e
atletiche, che però non rientrano in questa escursione).
Il II° tratto della Ferrata delle Trincee
inizia con la salita
della cima est della Mesola; pochi metri sotto la vetta, si traversa a
sinistra su una cengia artificiale, con resti di muri e sostegni in
legno, prime testimonianze delle postazioni militari della Grande
Guerra. Lungo la cengia si trova infatti una grande opera muraria che
serviva da protezione per un riflettore dei
Kaiserjäger. Una bella targa ricorda questa
importante postazione austriaca "Mezzodì-Turmstellung" (Mezzodì-postazione della torre). L'aerea cengia si conclude improvvisamente
sull'orlo di un'altra ripida parete, che si scende con l'aiuto non solo
del cavo ma anche di diverse staffe. Raggiunta la base dell'articolata
parete, terminano momentaneamente le attrezzature, si prosegue
(finalmente) su un tranquillo sentierino che taglia diagonalmente i
dolci pendii del versante orientale della montagna. Raggiunta
una terrazza erbosa, dove si trovano i resti di grandi caserme militari,
si osservano i primi torrioni e guglie di un altro castello
pietrificato: la Mesolina. Ritorna il cavo metallico per affrontare un
aguzzo pinnacolo, che conduce all'entrata di una prima breve galleria.
All'uscita, in un anfiteatro di stupende guglie laviche, si prosegue sul
versante sud della Mesolina, con un sentierino che taglia i ripidi
pendii erbosi alla base delle rocce vulcaniche. Con passo sicuro si
superano alcuni tratti di ghiaino
friabile, discretamente esposti, fino
ad un pulpito roccioso, che prima si aggira e poi si sale con le
attrezzature artificiali, le quali alla fine conducono in un antro
scuro. Tra altissime e nere pareti, si trova l'entrata della seconda
galleria, molto lunga e molto buia (assolutamente necessaria la
frontale). Un'opera grandiosa, scavata completamente nella roccia, con
grandi cavità interne, con diverse diramazioni, cunicoli con gradini
che
scendono verso le postazioni di mitragliatrici e cannoni. Stupendi gli
scorci dalle feritoie sul lago di Fedaia e sulla Marmolada. All'uscita
della galleria ci si affaccia su una bellissima terrazza,
dove si trova
il Bivacco Bontadini 2.552 m., (2,00-2,30 ore) circondato da postazioni e
trincee,
spettacolare un capitello scolpito nella roccia con feritoia
per fuciliere. Dal bivacco un ripido canalino attrezzato supera alcune paretine laviche e conduce all'ampia sommità erbosa della
Mesolina
2.636 m. (circa 30 minuti).
Non ci sono
parole per descrivere il panorama. Dalla cima si rientra al bivacco e si
continua la discesa verso l'avallamento erboso di Passo Padon. Sul
terreno particolarmente friabile è stato realizzato un bel sentiero con
diverse scale con tronchi di legno. Raggiunto il Passo Padon 2.366 m.,
termina la lunga traversata di creste e torri della Ferrata delle
Trincee, ed inizia il rientro.
Dal Passo inizia un bel
sentierino (CAI
N°680) in
direzione ovest, che taglia in quota i ripidi pendii erbosi alla base
delle vulcaniche pareti rocciose del Padon. Superato il crinale che
scende dalla Mesolina, si prosegue su verdi pascoli, dove non è
difficile incontrare greggi di pecore, simpatiche caprette, e pacioccone
marmotte. Con dolci sali-scendi si raggiunge un dosso, caratterizzato da
grandi massi, rinominato dagli italiani, durante la Grande Guerra
"Collinetta della Morte" (vedi note storiche). La lunga traversata
raggiunge infine la dorsale rocciosa di Pescul, ai piedi della Mesola,
dove si osservano i resti di postazioni austroungariche e di una
interessante lapide a ricordo dei "Grenz-Wacht unter-Bescul", guardie di
frontiera sotto Vescovo. Con ripidi tagli sui prati, si ritorna nel
vallone percorso all'inizio dell'itinerario e con una veloce discesa si
ritorna al lago di Fedaia 2.044 m.
DIFFICOLTA' - Nella scala sulle difficoltà delle ferrate, la "Ferrata delle Trincee" è considerata "molto difficile". Superiore come impegno tecnico alla ferrata della Marmolada, con alcuni passaggi di 3° grado, è molto esposta seppur ottimamente attrezzata con cavo e pioli.
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Ferrata delle Trincee dal lago di Fedaia | ||
Sintesi | salita : | discesa : |
Tempi itinerario ad anello: | 6,00 - 7,00 h. | |
Dislivello: | 950 m. | 950 m. |
Lunghezza: | circa 8 km. | |
Difficoltà: | EEA | (difficoltà) |
Cartografia | Ed. Tabacco 1:25.000 Foglio 06 Val di Fassa |
DATA escursione: |
13 luglio 2019 |
BREVI NOTE STORICHE della Grande Guerra All'inizio del conflitto il 24 maggio 1915, il Comando austro-ungarico, non aveva molti uomini da schierare sul fronte dolomitico, poiché le migliori truppe si trovavano, già dal 1914, sul fronte orientale-russo. Furono chiamati a raccolta, per la difesa, soldati riformati o anziani a formare i battaglioni di Landsturm (milizia territoriale) e gli Standschützen (formazioni territoriali di tiratori scelti). La difesa inizialmente era quindi debole, ma la preoccupazione austriaca di un rapido e travolgente attacco italiano, fu inutile. L'esercito italiano avanzò lento e titubante, permettendo alle truppe imperiali di occupare i passi, le forcelle e le cime più importanti. Pochi uomini ma posizionati nei punti più strategici, che avrebbero reso imprendibili quelle montagne per il resto della guerra.
Anche nel settore "Fedaia",
dominato a meridione dal
ghiacciaio della Marmolada, gli austriaci occuparono subito i punti
nevralgici della catena del Padon. Posizioni dominanti, che
consentivano agli austriaci d'osservare e colpire le colonne di soldati e
degli approvvigionamenti italiani che salivano da Malga Ciapela. Per questo
motivo già il 27 maggio, con una brillante azione, gli alpini del "Belluno"
attaccarono il Passo Padon e la Mesolina, riuscendo a conquistarli,
lasciando però sul terreno i primi due caduti del fronte "Marmolada". I
successivi tentativi italiani di proseguire la conquista della cresta del Padon non ebbero successo per l'accanita difesa austriaca. |
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