Album
di fotografie e descrizione della salita al monte Vioz ed al sito della Grande
Guerra di Punta Linke. La montagna, maestosa e regale domina la Val di Peio, fa
parte del Gruppo Ortles-Cevedale nelle Alpi Retiche meridionali (classificazione
SOIUSA), ed è inclusa nel Parco Nazionale dello Stelvio. Lungo la salita al
monte Vioz si raggiunge il rifugio più alto delle Alpi orientali, il Rifugio
Mantova a 3.535 m., mentre dalla cima a 3.645 m. si può ammirare un
grandioso panorama su tutte le montagne che furono coinvolte durante la Prima
Guerra Mondiale 1915-1918, in quella che fu chiamata la Guerra Bianca,
poiché combattuta in un settore particolare, che si articolava sulle vette più
alte delle Alpi orientali, tra rocce e ghiacciai. Straordinaria testimonianza di
questo incredibile conflitto d’alta quota è Punta Linke. Raggiungibile
facilmente da Cima Vioz, al suo interno è stata recuperata, grazie ad un lavoro
di archeologia bellica, una stazione teleferica austro-ungarica scavata nella
roccia e nel ghiaccio. Il museo della Grande Guerra più alto delle Alpi a
3.631 m. Breve descrizione
dell’itinerario:
1° GIORNO - Accesso – Si raggiunge la Val di Sole, via A22 (Autobrennero-uscita Mezzocorona) si prosegue con la SS 43 della Val di Non e si percorre la valle con la SS 42 fino ai paesi di Fucine/Ossana, ai piedi del Passo Tonale, dove si devia per la valle ed il paese di Peio. Raggiunta la frazione di Peio Fonti si parcheggia nei pressi degli impianti. Salita al monte Vioz – Dal paese di Peio Fonti 1.383 m., si prosegue con due impianti (telecabina+seggiovia) fino al rifugio Doss dei Cembri 2.315 m. Dal rifugio inizia la salita a piedi del versante sud est della montagna, inizialmente sulle morene della Val della Mite, con i sentieri CAI 138-139, poi deviando a destra (tabelle) e risalendo il costone fino ad una forcella sotto la Cima Vioz 2.504 m. dove si confluisce nel sentiero principale CAI 105. Quest’ultimo è dedicato a Matteo Groaz di Cogolo che nel 1911 fece da guida alpina ad alcuni alpinisti tedeschi che progettavano di costruire il sentiero ed il rifugio Vioz. La traccia sale a lungo sugli sfasciumi del lato orientale della cresta, sul versante della Val de la Mare, e mentre aggira il Dente del Vioz permette stupendi scorci sulla Cima Venezia. A quota 3.206 metri si arriva al risalto roccioso del Brich, alcuni traversi su cenge leggermente esposti vengono superati con l’aiuto di una corda fissa. Il sentiero prosegue traversando una scarpata e poi continua la risalita di un’altissima e ripida parete con una serie di zig-zag, che consentono di ritornare nuovamente sul filo di cresta. La parte finale del sentiero si svolge lungo un facile pendio di detriti, spesso ricoperto di neve, che conduce al Rifugio Mantova al Vioz 3.535 m. di proprietà della CAI-SAT (Società Alpinisti Tridentini). Si tratta di un vero nido d’aquila in posizione panoramica straordinaria, verso le valli di Peio e della Val di Sole e delle “skyline” inconfondibili del Brenta, della Presanella e dell’Adamello. Si prosegue in salita su una facile dorsale rocciosa (attenzione in caso di neve-ghiaccio) ed in una ventina di minuti si raggiunge prima l’anticima con la croce ed infine il segnale trigonometrico della vetta del Monte Vioz 3.645 m. Rientro al rifugio e pernotto. (sentiero EE, dislivello salita: 1330 m., durata: 3,30 - 4,00 ore).
2° GIORNO - Salita alla Punta Linke e visita del museo della Grande Guerra - Dal Rifugio Mantova si ritorna sull’ampia e pianeggiante cima del monte Vioz 3.535 m. e superato il segnale trigonometrico, si percorre una crestina nevosa, si aggirano alcune roccette ed infine si tocca “l’infinito” ghiacciaio dei Forni. Una traccia in leggera discesa ed un tratto orizzontale, consentono di attraversare il colletto nevoso che collega la Cima Vioz a Punta Linke. Questo breve tratto di ghiacciaio, che si percorre senza difficoltà, chiamato la Vedretta della Pala del Vioz è attraversato da una serie di pali telefonici (ripristinati) che cent’anni fa servivano per le comunicazioni della stazione, e che oggi servono soprattutto per l’orientamento in caso di scarsa visibilità. (Il monte Vioz è una vera “calamita” di nuvole e spesso la cima è avvolta dalla nebbia! ndr). Raggiunta la base del versante est di Punta Linke, si nota subito la straordinaria ricchezza di reperti bellici del sito, tra le rocce, mezzi sepolti dal ghiaccio e dalla neve (che qui cade spesso anche d’estate) si osservano rotoli di filo spinato, reticolati, cassette di munizioni, copriscarponi, strutture di baracche crollate e pezzi di stufe e camini da campo. Una traccia risale le roccette in direzione nord, dove alcuni gradini ed un passamano conducono all’entrata del Museo di Punta Linke.
L’ingresso principale si trova al centro di una ripida parete che precipita sul sottostante ghiacciaio dei Forni, per consentire un accesso sicuro, è stato ricostruito un terrazzino con parapetto. Superata la porta d’entrata ci si ritrova nel corridoio di collegamento tra i versanti est ed ovest di Punta Linke, lungo una cinquantina di metri. Il primo tratto è discretamente largo, scavato nella roccia, qui si trovano ben accatastati ancora rotoli di filo spinato e assi di ferro a vite. Il successivo tratto è spettacolare, le pareti e la volta sono ricamati da disegni, arabeschi, decorazioni di un colore bianco brillante, quasi scintillante, sono il risultato del caratteristico fenomeno di cristallizzazione dell’umidità, che ha dato origine al nome suggestivo della cavità: “la grotta dei cristalli”. Il resto del corridoio è stato tutto nuovamente rivestito con tavole di legno isolate con il cartone catramato, com’era in origine. Si procede con cautela poiché il fondo è ricoperto da uno spesso strato di ghiaccio ed infine si raggiunge l’ampia area che contiene la baracca di servizio dell’impianto teleferico. L’impatto è emozionante, sembra che i soldati austro-ungarici del presidio siano usciti da pochi minuti e non da cent’anni, tutto è in ordine, tutto è al suo posto, il motore a scoppio per la trazione dei carrelli, la struttura di alloggiamento dei volani trattivi della teleferica, uno scaffale con gli attrezzi per la manutenzione degli ingranaggi meccanici, le istruzioni cartacee per il funzionamento della teleferica appese alla parete, assieme ad una pagina del quotidiano illustrato di Vienna e ad una cartolina postale di una fidanzata lontana. Se pensiamo che tutti questi oggetti e attrezzature erano “imprigionati” nel ghiaccio da quasi un secolo, bisogna essere grati a tutti coloro che hanno lavorato e collaborato per la realizzazione di questo straordinario sito della Grande Guerra. Usciti dalla “Galleria-Museo”, si può salire sulla vetta della Punta Linke 3.631 metri per ammirare ancora una volta tutte le cime ed i ghiacciai dove le truppe alpine italiane ed austo-ungariche dovettero vivere e fronteggiarsi in condizioni quasi proibitive in una guerra unica nella storia dell’uomo.
DISCESA - Rientro al rifugio Vioz e successivamente al rifugio Doss dei Cembri per lo stesso itinerario della salita.
L'album
fotografico dell'escursione è stato realizzato con il contributo dell'amico Maurizio Toscano.
Sintesi tempi/dislivello |
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Itinerario: Tempi : Dislivello: Difficoltà: |
monte Vioz 3,30- 4,00 h 1.330 m. EE - F |
Punta Linke
+ 0,45 h + 150 m. |
Note
storiche del monte VIOZ e di Punta LINKE Quando
il 24 maggio 1915 il Regno d'Italia entrò in guerra contro l'impero
austro-ungarico, il primo tratto del confine ad occidente, correva dal Passo
dello Stelvio al Passo del Tonale (corrispondeva all’incirca
all'attuale limite amministrativo del Trentino-Alto Adige). Il fronte era
quindi prettamente montuoso e coinvolgeva le cime più alte delle Alpi
orientali dal Gruppo Ortles-Cevedale al Gruppo Adamello-Presanella.
Inizialmente furono sbarrati i passi ed i valichi e soltanto pattugliati i
grandi ghiacciai, successivamente le esigenze belliche costrinsero i
contendenti a salire le montagne, sempre più in alto, fino sulle cime che
sfioravano i 4.000 metri. Iniziava la “Guerra Bianca”, fu il
contesto ambientale estremo a renderla unica e particolare, vennero
impiegati uomini delle vallate della zona, profondi conoscitori della
montagna (boscaioli, cacciatori, pastori, guide alpine), che formavano le
truppe “specializzate”: gli Alpini italiani e i Kaiserjäger
austriaci. Anche il loro utilizzo fu parsimonioso, non vennero mandati
a decine di migliaia al massacro come i fanti sul fronte isontino, ma
destinati, a piccoli gruppi di 10-15 persone, ai servizi di pattuglia o di
presidio ed anche negli epici scontri per la conquista di qualche cima, il
loro numero era sempre contenuto. (Nel combattimento più famoso della
zona, “la battaglia del San Matteo”, furono impegnati da parte
austriaca 150 Kaiserschützen per la sua riconquista). Il più spaventoso
nemico dei soldati, non fu il fuoco avversario, ma le terribili condizioni
climatiche con temperature polari, venti gelidi e soprattutto con le
valanghe. La loro violenza distruggeva tutto, ricoveri, baracche,
teleferiche; travolgeva uomini, materiali e cannoni. Per sfuggire alla
“morte bianca” le truppe alpine italiane e austriache furono costrette
a rifugiarsi all’interno delle montagne, scavando caverne nella roccia e
gallerie nei ghiaccio. Ma per poter sopravvivere tra le aeree creste
nevose e le verticali pareti granitiche erano necessari gli
approvvigionamenti, cibo, legna per scaldarsi e per i ricoveri, attrezzi e
naturalmente armi (visto che nel frattempo c’era anche una guerra in
corso). Per portare in quota i rifornimenti, entrambi gli schieramenti
costruirono un capillare sistema di teleferiche. In questo contesto si
colloca Punta Linke, una delle postazioni austro-ungariche più alte e più
importanti dell'intero fronte, sede di una stazione di transito per la
teleferica, per lo stoccaggio e l’invio dei materiali necessari al
fabbisogno dei soldati schierati nel settore compreso tra il monte Vioz,
il monte Rosole ed il Palon de la Mare. La
Punta Linke con i suoi 3.632 metri di altitudine fu uno dei centri
nevralgici austro-ungarici, dotato di un doppio impianto teleferico era
collegato da una parte al fondovalle di Peio (1.160 m.) e dall'altra, con
un’ulteriore vertiginosa campata di milletrecento metri sopra il
Ghiacciaio dei Forni, giungeva all’importante presidio imperiale posto
sul costone sud–orientale del Palòn de la Mare. La stazione di transito
per la teleferica era posizionata all’interno di una galleria scavata
nel ghiaccio e nella roccia, in modo da ottenere un passaggio al coperto
attraverso la cresta della montagna. All’interno furono scavati altri
spazi, per i motori, per un magazzino, e per
le baracche dei soldati di servizio alla teleferica. All’esterno furono
realizzati altri ricoveri e, su una terrazza a settentrione della cresta,
venne predisposta una batteria di cannoni. La storia del Museo di PUNTA LINKE La
storia del recupero dei manufatti bellici di Punta Linke inizia nei primi
anni Novanta del secolo scorso, quando a seguito del drastico ritiro del
ghiacciaio dei Forni, vennero alla luce diverse testimoniante dei ricoveri
bellici e dei materiali relativi ad una stazione teleferica
austro-ungarica in quota della Grande Guerra, della quale i valligiani
sapevano l’esistenza. Infatti già al termine del conflitto, dopo
l’abbandono frettoloso del presidio a seguito della vittoria italiana,
vennero recuperati i materiali più nobili (rame, ottone, piombo). In
seguito con l'azione dei recuperanti vennero smontate le teleferiche, svuotate le baracche ed
asportate anche parti dei motori della teleferica. Ma l’entrata della galleria era stata “sigillata” per
decine di anni da un “muro” di neve e di ghiaccio. Dal 2005 iniziò
un’opera di recupero di tutto quello che era visibile esternamente per
sottrarlo al saccheggio indiscriminato. Ma fu dal 2007 che iniziarono i
lavori per liberare dai ghiacci le gallerie della struttura
dell’impianto teleferico, con un’azione pianificata di archeologia
bellica. Dopo cinque campagne di ricerca e scavo, con immaginabili
difficoltà ambientali e logistiche, nel 2014 è stato inaugurato il Museo
della Grande Guerra più alto del fronte alpino a Punta Linke a quota
3.631 metri. Uno straordinario percorso della memoria, testimonianza delle
drammatiche condizioni di vita che i soldati furono costretti a sopportare
durante la Prima Guerra Mondiale. Il sito per motivi di sicurezza è
chiuso, durante la stagione estiva si può visitare previo accordo, con il
direttore del museo “Peio 1914–1918 / La guerra sulla porta”, sig.
Maurizio Vicenzi. |
DATA salita: |
14-15 agosto 2015 |
Cartografia: |
Tabacco N. 48 - Val di Peio 1:25000 |
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