ALPI - DOLOMITI - Le ferrate nel Gruppo delle TOFANE  Panorama dalla vetta della Tofana di Rozes

    Gallerie di fotografie e descrizioni delle ferrate nel Gruppo delle Tofane. Le Tre "Sorelle": la Tofana di Rozes 3.225 m., la Tofana di Mezzo (o Seconda) 3.244 m. e la Tofana di Dentro (de Inze o Terza) 3.238 m., sono tra le montagne più conosciute delle Dolomiti, grazie alla loro invidiabile posizione a occidente della bellissima conca di Cortina d'Ampezzo. La visita del Gruppo è possibile grazie ad una capillare rete di sentieri, che ripercorrono le tracce militari della Grande Guerra. Infatti molte cime, forcelle e valli furono testimoni di epici scontri durante la Prima Guerra Mondiale 1915-18. In seguito le vie più ardite tracciate dagli alpini e dai kaiserjäger sulle verticali pareti dei tre colossi, sono state attrezzate dalle Guide di Cortina, dando vita ad alcune delle ferrate più belle del panorama dolomitico. Un lavoro ammirevole che continua ancora oggi, con la nuova variante dal Bus di Tofana verso la Cima della Tofana di Mezzo (ottobre 2014). La nostra proposta consente in due/tre giorni di salire tutte e tre le cime, collegando in un entusiasmante anello le vie attrezzate più impegnative e spettacolari.

    ACCESSO: Raggiunta Cortina d'Ampezzo si prosegue con la strada delle Dolomiti (SS 48), in direzione del Passo Falzarego. Superata la chiesetta degli alpini (dopo circa 8 km) alcune tabelle indicano la deviazione a destra verso i rifugi Dibona e Duca d'Aosta. La strada sale, stretta ma asfaltata, fino al bivio successivo (circa 3 km) dove proseguendo a sinistra una strada sterrata conduce al parcheggio del rifugio Dibona.

    ITINERARIO 1° GIORNO: Galleria del Castelletto-ferrata G. Lipella-Tofana di Rozes. Dal rifugio Dibona 2.037 m. inizia la salita, con il sentiero (CAI 403), fino ad un bivio con l'indicazione per la ferrata Lipella, dove si prosegue verso sinistra con il sentiero (CAI 442). Lentamente ci si avvicina all'immenso versante meridionale della Tofana di Rozes, raggiunte le prime rocce, il sentiero prosegue ai piedi dell'imponente parete in direzione ovest, con splendidi scorci verso la Marmolada, le Cinque Torri e al Nuvolau. Superato l'altissimo canalone, chiamato durante la Grande Guerra "Camino degli Alpini" e la postazione fortificata della "Gran Guardia", si raggiunge l'anfiteatro di rocce che nasconde una nera spaccatura al cui interno si trova la Galleria di mina del Castelletto. (1,00 ore)

Prima d'entrare nella galleria ed iniziare la lunga salita alla Tofana di Rozes, è consigliabile una piccola prosecuzione per visitare la "Galleria del cannone". Non ci sono indicazioni, bisogna continuare sempre verso ovest, prima risalendo un pendio di sfasciumi e in seguito traversando il canalone di sfogo della mina del 1916. Galleria del Cannone Negli ultimi tempi, la continua caduta di sassi e rocce pericolanti ha ostruito parzialmente l'accesso. Si entra quasi a carponi, nell'interessante postazione d'artiglieria in caverna, costruita dagli italiani dopo la conquista del Castelletto. Uno stupendo bassorilievo con iscrizioni della Vª Batteria d'artiglieria introduce alla lunga galleria con ampie aperture laterali, verso il Fanes e il Lagazuoi, dove erano sistemati i cannoni. Singolare la visione dell'originale latrina, con lo scarico direttamente nei ghiaioni sottostanti. In fondo alla galleria si trova un cannone 75/27 mod. 1911 del tipo di quelli schierati durante la Grande Guerra (in realtà questo modello fu costruito nel 1918 e restaurato senza le ruote in legno, fu portato nuovamente in galleria nel 1975, con l'aiuto di un elicottero, a seguito dei lavori di restauro e pulizia della postazione d'artiglieria).(20 minuti)

Si ritorna indietro alla base del grande anfratto roccioso 2.480 m., dove iniziano le attrezzature metalliche per raggiungere l'entrata della "Galleria di mina del Castelletto". Una serie di staffe e scale, sempre accompagnate dal cavo metallico, aiuta a salire verso un'alta e cupa caverna orizzontale. L'odierna progressione artificiale avviene a fianco dei resti dell'infinita scala di legno costruita dagli alpini. Raggiunta la grotta naturale, dove si trovano le rovine della camera del compressore per lo scavo "Sullivan", un'ultima scaletta metallica conduce all'entrata della galleria. Il camminamento, lungo circa 500 metri, con varie diramazioni e un dislivello di circa 120 metri, fu scavato durante la Grande Guerra dalle "Penne Nere", nella parete sud della Tofana di Rozes per raggiungere il Castelletto e predisporre una mina sotto la sua cima. Il primo tratto della galleria si sale facilmente grazie ad una serie di gradini metallici, il tratto successivo bisogna affrontarlo con attenzione, poiché il fondo roccioso è sempre bagnato, di conseguenza scivoloso. Nella parte terminale la galleria si biforca: a destra, si esce attraverso una trincea al livello del cratere di mina, mentre proseguendo la salita, verso sinistra, si percorrono gli ultimi metri del cunicolo che portava alla camera di scoppio. Una serie di feritoie permette l'uscita definitiva, alcuni metri sopra l'impressionante avvallamento sconvolto da migliaia di massi, risultato della deflagrazione della mina avvenuto nel 1916. Si continua lungo una cengia e con una breve discesa s'incrocia la traccia della prima uscita (sul bordo del cratere) a forcella di Rozes 2.630 m. Da questo punto la via concede una pausa, prosegue orizzontale in leggera discesa, lungo una panoramica terrazza ghiaiosa con begli scorci sul Fanes sul Lagazuoi e sulla profonda Val Travenanzes. Superato uno spigolo, si raggiunge l'attacco della ferrata Giovanni Lipella. (2,00 ore). La via attrezzata si divide sostanzialmente in due parti, una prima di media difficoltà, fino alle "Tre Dita", una seconda più impegnativa fino all'anticima della Rozes. Il primo tratto ha un itinerario con andamento a "scala", a tratti orizzontali su cenge si alternano ripide salite su gradini e camini. La progressione è molto bella e divertente, con tratti esposti e verticali, ricca di appigli che permettono un'arrampicata facile e divertente, sempre ben assicurata con il cavo metallico. Soltanto la traversata di un anfiteatro roccioso, nero e cupo, costringe gli alpinisti ad alcune "docce" non molto gradite, originate dall'infiltrazione d'acqua in caduta dalle pareti superiori. Raggiunta un'ampia cengia, sullo spigolo tra le pareti ovest e nord-ovest della Tofana di Rozes, termina la prima parte della ferrata (4,00 ore). In vista della caratteristica roccia chiamata "Tre Dita" 2.680 m., si trova il bivio che consente d'interrompere la ferrata (in caso di stanchezza o di cattive condizioni metereologiche), proseguendo verso sinistra e seguendo le indicazioni per il rifugio Giussani. Si consiglia una breve digressione verso i tre mini-pinnacoli, per visitare la postazione scavata all'interno, testimone di aspri scontri per il suo possesso, ricca di manufatti bellici (alloggi in caverna e stazione teleferica). Proseguendo verso destra, la cengia orizzontale conduce nel cuore della parete nord-ovest della Tofana di Rozes, dove inizia il secondo tratto della via attrezzata. Un cavo verticale sale al centro della ripida parete, con difficoltà media, su roccette articolate, che consentono un'arrampicata piacevole ma in forte esposizione. A circa metà salita si raggiunge una cengia, è il punto più bello e caratteristico di tutta la ferrata Lipella, ci si ritrova in un fantastico anfiteatro roccioso, al centro di un'immensa parete concava. Proseguendo sulla cengia s'incontra il primo passaggio tecnicamente difficile della via, un traverso su roccia molto liscia (da sembrare marmo), spesso bagnata, dove non ci sono appigli per le gambe. Alla fine della cengia, il cavo ritorna a essere verticale e la salita continua molto impegnativa ed esposta. Lungo questo tratto si devono superare altri due passaggi difficili su placche e diedri sporgenti con pochi appoggi per le mani e le gambe, che si superano a forza di braccia. Alla fine si raggiunge l'ultimo piolo sull'anticima della Tofana di Rozes 3.027 m. - (5,45 ore). La soddisfazione di aver terminato la lunga ferrata viene però immediatamente smorzata dalla vista della cima finale…ancora lontana! Una traccia sale inizialmente la lunga cresta spartiacque tra i versanti nord-ovest e nord della montagna, quando in seguito si porta verso occidente, il versante diventa discretamente esposto e bisogna procedere con attenzione poiché spesso il pendio è ricoperto da neve e ghiaccio o soltanto da un insidioso ghiaino. La vista della grande croce di vetta fa dimenticare la fatica e il cuore batte forte quando si raggiunge la cima della Tofana di Rozes 3.225 m. (6,15 ore) Colpo d'occhio a 360° gradi fantastico su tutte le Dolomiti, di particolare bellezza la vista sulle altre due "sorelle", la Tofana di Mezzo e la Tofana Terza, due maestose piramidi dalle linee perfette. Dalla vetta si ritorna indietro, sullo stesso percorso, fino all'anticima, per continuare lungo il versante settentrionale con un itinerario tortuoso, tra paretine, gradini rocciosi e camini ghiaiosi, dove bisogna mantenere la concentrazione nonostante la fatica accumulata. Il percorso segnato da ometti e da bollini e segni color blu, conduce verso il grande ghiaione alla base della slanciata Punta Marietta. Superato il pendio detritico, si raggiunge il dedalo di giganteschi massi della forcella Fontananegra e in breve al rifugio Giussani 2.580 m. (7,30 ore)

    ITINERARIO 2° GIORNO: Ferrata Giuseppe Olivieri (da Punta Anna) - Via Ferrata Tofana di Mezzo (con le varianti Gianni Aglio e "Bus di Tofana"). Dal rifugio Giussani si scende un breve tratto (direzione rif. Dibona), si contorna un gigantesco masso a sinistra e s'individua la traccia che risale il ghiaione che scende dal Bus di Tofana (nord). Raggiunto velocemente il cippo a ricordo del generale Antonio Cantore, si attacca il ripidissimo e molto sdrucciolevole pendio detritico, (dove si prova il famoso un passo avanti, due indietro). A circa metà del canalone ghiaioso, si devia a destra e si percorre una nuova traccia con itinerario a semicerchio, che conduce verso la cresta della Punta Anna. Raggiunte le rocce, iniziano le attrezzature metalliche, il cavo accompagna lungo una bella cengia che supera diedri, spigoli e paretine esposte, il tutto in un contesto poco difficile. In un ambiente dolomitico superbo, con viste spettacolari sulla Tofana di Rozes e la forcella Fontananegra, si raggiunge l'affilata cresta sopra Punta Anna 2.731 m., dove s'incrocia la Ferrata Giuseppe Olivieri. (1,15 ore) Aggirato un bellissimo pinnacolo, si continua sul secondo tratto della ferrata, prima su facili placche e in seguito affrontando il ripido ed esposto diedro inclinato della Terza Torre di Pomedes. Superato il passaggio di media difficoltà, una cengia orizzontale conduce verso il versante est della montagna ed esce sul grande pendio detritico del Doss de Tofana 2.817 m. (possibilità d'interrompere la via scendendo verso Ra Valles). Bellissima vista sulla conca di Cortina d'Ampezzo. Si risalgono, con facili zig-zag, le ghiaie del Doss de Tofana, fino a una dorsale panoramica. Un gradino roccioso attrezzato con una scala metallica verticale annuncia l'inizio della Ferrata Tofana di Mezzo. (2,00 ore) Salita la scala e superati alcuni semplici gradini rocciosi, si continua su una seconda facile cresta. Variante "Bus de Tofana" Raggiunta la base di una slanciata guglia si devia a sinistra, sul versante sud-est. Una cengia conduce nel "cuore" della Tofana di Mezzo, nel classico mondo affascinante delle Dolomiti, ricco di cime, torri, pinnacoli, cenge e forcelline, difficile d'ammirare dal basso, ma … molto impegnativo! Dalla cengia si traversa una franosa forcella per raggiungere la base della Torre dove inizia la variante Gianni Aglio. Si attacca la ripida ed esposta parete est del torrione, a circa metà salita si deve superare forse il passaggio tecnico più difficile della ferrata, una roccia sporgente con i pioli lontani che si supera soltanto a forza di braccia con uno sforzo atletico non indifferente. Raggiunta una stretta cengia, si supera la deviazione facoltativa (con cavo verticale) per la cima della Torre e si prosegue con un breve traverso a destra, verso il passaggio più spettacolare della Ferrata Gianni Aglio. Il cavo orizzontale conduce verso lo spigolo nord per poi sparire in un pauroso strapiombo…. In realtà, una volta iniziata la traversata per aggirare lo spigolo, si scorgono quasi subito alcuni pioli per i piedi che in seguito possono anche sfruttare un'esilissima spaccatura della roccia. Tecnicamente il passaggio non è molto difficile (come il precedente) ma l'estrema esposizione e la sensazione di vuoto, determinano una bella scarica di adrenalina e forti emozioni. Superato l'aereo passaggio, una facile cengia porta sulla stretta cresta sopra al Bus de Tofana, il grande foro naturale nella roccia che consente il collegamento escursionistico tra il Vallon de Tofana e la conca di Ra Valles. Traversato lo spettacolare ponte di roccia, la via attrezzata una volta continuava sulla destra, risaliva faticosamente alcuni ghiaioni e superate la barriera antivalanghe per continuare verso la vetta. Dall'ottobre 2014, esiste una nuova bellissima via: la variante Tofana di Mezzo o "Bus de Tofana". (3,00 ore) Variante "Bus de Tofana"Si continua a sinistra, un'indicazione sulla roccia lascia interdetti, una freccia con la scritta "CIMA" mostra un'indicazione verso il basso ! dopo tante ore di salita proseguire in discesa per salire una cima è quanto mai disarmante (N.d.R.). Per fortuna la discesa sul versante sud, sulle ghiaie terminali del Vallon Tofana è breve, in seguito si aggira uno spigolo e si continua con una lunga cengia al centro della parete meridionale, gigantesca e verticale, si cammina a mezza costa tra dirupi impressionanti con la vista del rifugio Giussani incredibilmente perpendicolare, difatti si osserva soltanto il tetto. Alla fine della cengia, la via inizia a salire su ripide paretine alternate a terrazze detritiche. Superato un altro passaggio aereo, un espostissimo traverso dove non ci sono appigli per i piedi ma soltanto alcune staffe, si continua con una verticale parete che conduce a un secondo Bus di Tofana. Chi lo osserva da lontano (dalla cima della Rozes o dalle Cinque Torri), non può credere che esista un passaggio attraverso quel foro al centro della liscia parete!! Attraversato il "Bus", si ritorna sul versante nord, per affrontare l'ennesimo salto verticale, superabile grazie a due scale metalliche che portano ad un passaggio molto esposto per poi uscire su una grandiosa terrazza panoramica. Punto ideale per riprendere fiato. (4,00 ore) Si continua con una cengia orizzontale che con un itinerario a semicerchio taglia l'imponente parete nord-est della Tofana di Mezzo. La cengia presenta due/tre punti molto esposti e conduce sopra le grandi protezioni antivalanga, nei pressi dell'arrivo del vecchio tracciato. Da questo punto la ferrata diventa meno impegnativa tecnicamente, ma più faticosa. Dopo un paio di scalette e alcuni tratti di cavo si raggiunge la cresta finale, ricca di roccette articolate e gradini. La traccia sale in questo labirinto di massi con un percorso a zig-zag fino alla sospirata croce di vetta della Tofana di Mezzo 3.244 m. (5,15 ore) Panorama incredibile, dalle Dolomiti a tutte le cime innevate della cresta di confine. Ammirato lo straordinario spettacolo, la prosecuzione dell'escursione verso la Tofana di Dentro (o Terza), si può compiere soltanto se si rispettano alcune "regole": possedere ancora una buona condizione fisica, avere tempo a disposizione e le condizioni meteorologiche devono essere perfette.Se queste valutazioni non sono ottimali, si consiglia d'interrompere l'escursione e scendere verso valle con la funivia "Freccia nel cielo". In un secondo momento si potrà riprendere l'escursione da questo punto, e chiudere l'anello sulle Tofane.

    ITINERARIO 3° GIORNO (o prosecuzione del secondo): ferrata Formenton alla Tofana Terza - discesa a Ra Valles - Sentiero Ferrato Olivieri - rifugio Dibona. Dalla vetta della Tofana di Mezzo, si scende con un bel sentiero verso la stazione superiore della funivia. A circa metà percorso una freccia sulle rocce a sinistra, indica l'inizio della Ferrata Formenton. Il cavo metallico, dopo un gradino in salita, conduce verso una lunga cengia, la quale in forte pendenza, attraversa in diagonale le stratificazioni rocciose dell'immensa parete occidentale della Tofana di Mezzo. (Attenzione possibilità di trovare neve o ghiaccio). Senza particolari difficoltà si raggiunge la Sella tra le Tofana II e III a quota 3.088 m. Dalla forcella inizia la salita della cresta sud-est della Tofana di Dentro, a tratti esposta, con facili passaggi di arrampicata su roccette. Sotto la cima si raggiungono le piazzole con i resti dei baraccamenti italiani costruiti durante la Grande Guerra, dove si trovano anche i ruderi della vecchia teleferica e una lunga galleria che trafora tutta lSalita alla Tofana di Dentroa sommità del monte da est a ovest. Terminata la visita "storica", in breve si raggiunge la vetta della Tofana di Dentro 3.238 m. (1,15 h- tot. 6,30 ore) Il panorama dalla cima è ovviamente bellissimo, in particolare la vista sull'incredibile ripiegamento delle rocce della Tofana di Mezzo (ancora più evidente con la presenza di neve). Siamo davanti ad un'immagine preziosa, che racconta la storia nella nascita delle Dolomiti. Dalla vetta inizia la lunga discesa sul ripido versante nord, lungo tracce e camminamenti degli alpini. All'inizio della stagione estiva il pendio è spesso ricoperto dalla neve, in questi casi è consigliabile avere piccozza e ramponi, altrimenti il pendio è un infinito ghiaione di sfasciumi e detriti. Alla fine si raggiunge l'articolata cresta nord, dove un vecchio sentierino militare conduce alla Baracca degli Alpini 2.922 m. Si tratta di un ricovero costruito dai soldati italiani, oggi ristrutturato e utilizzato come bivacco. Si continua in discesa, lungo il sentiero della Grande Guerra costellato da resti di baracche militari, caverne e gallerie. Possibilità con una piccola deviazione di raggiungere la cima Formenton 2.830 m. Da questo punto inizia una ripidissima discesa, su terreno molto friabile e con qualche tratto leggermente esposto. Il passaggio attraverso un foro nella roccia segnala la fine della vertiginosa discesa, nei pressi dei ruderi della caserma Formenton 2.550 m. Si prosegue con una lunga traversata, in leggera discesa, nell'ampio Vallone di Ra Valles ai piedi delle cattedrali di roccia delle Tofane di Mezzo e di Dentro. Un'ultima breve salita conduce alla stazione intermedia della funivia "Freccia nel cielo", e al rifugio Ra Valles 2.470 m. (4,00 h- tot. 9,15 ore) Per terminare il grande anello delle Tofane, bisogna percorrere il Sentiero attrezzato Giuseppe Olivieri. Attenzione a non confondere il Sentiero G. Olivieri con la Via ferrata G. Olivieri, la difficile via che percorre la Punta Anna nel primo tratto della salita alla Tofana di Mezzo.) Il facile percorso attrezzato inizia dal rifugio Ra Valles e percorre in salita (ancora !) i ghiaioni in direzione del Doss di Tofana, fino a toccare le rocce degli slanciati torrioni di Pomedes. In una foresta di guglie e pinnacoli inizia il cavo metallico che conduce subito in discesa all'interno di uno stretto cammino, prosegue con una breve scala e termina su una terrazza ghiaiosa, molto panoramica. La traccia continua in discesa con ripidi zig-zag, in direzione est, verso un salto roccioso. La fascia di roccette articolate si supera con l'aiuto di due lunghe scale e qualche breve passaggio di media difficoltà. Raggiunto un bel pendio prativo, le attrezzature metalliche terminano e il sentiero, superato uno spigolo, continua con una lunga cengia all'interno di un grande anfiteatro di rocce e infine termina sul balcone panoramico del rifugio Pomedes 2.203 m. (5,30 h- tot. 10,45 ore) Si continua la discesa con un ripido sentiero lungo una costa erbosa, in vista delle cenge alla base della Tofana di Rozes, caratterizzate dai fantastici colori rossi e viola delle stratificazioni di Raibl. Uno dei più spettacolari effetti geologici sulle Dolomiti. Al rifugio Dibona 2.037 m. termina la lunga escursione ad anello sulle ferrate delle Tofane. (6,00 h- tot. 11,15 ore) 

     DIFFICOLTA' - La ferrata Lipella alla Tofana di Rozes è difficile, con pochi passaggi tecnici ma molto impegnativa per durata, lunghezza e dislivello. Le ferrate G. Olivieri da Punta Anna e la ferrata Tofana di Mezzo, con le varianti "Gianni Aglio" e "Bus di Tofana" sono molto difficili, con passaggi estremamente tecnici su tratti di parete verticali, con forte esposizione. Da affrontare soltanto con un ottimo allenamento e un'adeguata preparazione tecnica. La Ferrata Formenton alla Terza Tofana è poco difficile, diventa più impegnativa in caso di neve o ghiaccio. Il Sentiero attrezzato G. Olivieri da Ra Valles al rifugio Pomedes è facile.    Alcune foto sono degli amici Betty Delana e Cristiano Rizzo. 

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Ferrata Lipella (dal rifugio Dibona al Giussani)

  Sintesi salita :  discesa : 
  Tempi:   6,15 h.   1,15 h.
  Dislivello: 1.200 m. 645 m.

Ferrata G.Olivieri - Ferrata Tofana di Mezzo (Rifugio Giussani- Punta Anna - varianti Gianni Aglio e "Bus de Tofana"-Tofana di Mezzo)  

  Sintesi salita : discesa 
  Tempi: 5,15 - 5,45 h. -
  Dislivello: 670 m. -

Ferrata Formenton (dalla Tofana II a Ra Valles)

  Sintesi salita : discesa 
  Tempi: 0,30 h. 3,30 h.
  Dislivello: 200 m. 920 m.
  Difficoltà: EEA -

La ferrata Lipella La ferrata Lipella

Cartografia

Ed. Tabacco 1:25.000    Foglio 03 Cortina  
DATA escursioni: dal 1985 al 6-7agosto 2016

L'esposto passaggio della Torre Aglio  L'esposto passaggio della Torre Aglio

            NOTE STORICHE della Grande Guerra sulle TOFANE

All'inizio del conflitto il 24 maggio 1915, gli austriaci abbandonarono immediatamente la conca di Cortina d'Ampezzo, per non coinvolgere la popolazione in azioni di guerra. Ricordiamo che la "Perla delle Dolomiti" era territorio austriaco da più di 400 anni, dal 1511. Il Comando austriaco, alla vigilia dell'attacco italiano, non aveva molti uomini da schierare poiché le migliori truppe si trovavano, già dal 1914, sul fronte russo. Furono chiamati a raccolta, per la difesa, soldati riformati o anziani a formare i battaglioni di Landsturm (milizia territoriale) e gli Standschützen (formazioni territoriali di tiratori scelti). La difesa inizialmente era quindi debole, ma la preoccupazione austriaca di un rapido e travolgente attacco italiano, fu inutile. L'esercito italiano avanzò lento e titubante, con le solite ambigue direttive del Comando, direttive che lasciavano ai generali, libera interpretazione, di solito basata sulla massima prudenza. A testimonianza, ricordiamo che Cortina fu occupata il giorno 29 maggio, nonostante fosse deserta da ben quattro giorni e, inoltre, il primo vero attacco verso Son Pòuses (prima linea di difesa austriaca) iniziò soltanto quindici giorni dopo l'inizio della guerra, cioè il 5-6 giugno. Così, causa l'esitante e cauto attacco italiano, il Comando austriaco assieme all'alleato tedesco superò il periodo critico riuscendo, grazie ai territoriali ampezzani che conoscevano perfettamente le loro montagne, a bloccare le teste delle valli con forti baluardi di resistenza: il Sasso di Stria e il Lagazuoi in Val Costerna, il Col di Lana in Val Cordevole. Bastarono pochi uomini con le terribili mitragliatrici "Schwarzlose", collocati nei punti più alti di forcelle e passaggi obbligati, a fermare la grande massa di soldati italiani, mal guidati e mandati allo sbaraglio. 

Nel settore delle Tofane tutta la guerra fu combattuta, da una parte, per conquistare la Val Travenanzes, dall'altra per difenderla. Due anni e mezzo di epici scontri, incredibili imprese alpinistiche-militari, che però non spostarono di un millimetro il quadro generale del fronte. Come avvenne in tanti casi lungo il fronte alpino, i Comandi italiani s'intestardirono contro obiettivi di scarsa importanza strategica, che comportarono però un inutile contributo di vite umane. Col dei Bos, Castelletto e Forcella Fontana Negra furono i punti più contesi. Questi passaggi naturali tra le Tofane divennero nel corso dei mesi quasi inespugnabili, costringendo gli alpini a salire sempre più in alto, fino ad occupare le cime della Tofana di Rozes, di Mezzo e la Terza. Il possesso di queste cime, sopra i 3.000 metri, comportava per gli alpini grandi sacrifici, d'estate sempre bersagliati dall'artiglieria e d'inverno (il primo nel 1915 soltanto con le tende) in perenne lotta con gelo, neve, freddo e le terribili slavine. La Forcella Fontananegra e la pietraia del versante ovest del valico, il Masarè, erano difesi dagli austriaci con due caposaldi laterali, la piccola roccia delle "Tre Dita"e la piramide triangolare, battezzata da un ufficiale austriaco con il nome di "Nemesis", la mitologica dea greca della "Giustizia Compensatrice o Riparatrice". In questo labirinto di rocce persero la vita il generale italiano Antonio Cantore (cippo) e il capitano tedesco Emanuel Barborka del 2° Bayer Jägerbataillon. Quest'ultimo, assieme al Capitano degli alpini Augusto Baccon, dell'83ª Compagnia alpini "Fenestrelle", furono fra i più abili comandanti fra le crode dolomitiche, irriducibili ma leali avversari, e ancor oggi sono ricordati con un bivacco a loro intitolato lungo la Via della Pace sulla Furcia Rossa. Il vero incubo degli italiani, durante il primo anno di guerra, fu però un torrione, merlato di guglie, chiamato Punta Col dei Bos, rinominato dai soldati italiani e poi diventato famoso con il toponimo di Castelletto (temuto anche dagli austriaci che lo ribattezzarono Schreckenstein "Roccia del Terrore"). Questa alta e ripidissima pala dolomitica stava come una sentinella naturale alla testa della Val Travenanzes. Gli alpini tentarono in tutti i modi di conquistare la montagna, prima con ripetuti assalti lungo l'esposto e ripido canalone centrale e in seguito salendo sulla vicina parete sud della Tofana di Rozes, per colpire da una posizione sovrastante gli austriaci. Qui si collocano le più belle imprese alpinistiche degli alpini, con arditissime scalate sulla ripida parete e successiva attrezzatura delle vie con scalette di legno. Sono passati alla storia i nomi del "Camino dei Cappelli" (chiamato così perché durante la salita i soldati, nel superare un passaggio strapiombante, spesso perdevano il cappello con la penna), dello "Scudo", un'incredibile postazione di mitragliatrice sita su un'esile cengia e, infine, il "Camino degli Alpini", un vertiginoso canalone alto più di 400 metri, aperto dall'alpino Ugo di Vallepiana e dalla guida di Valtournanche Gaspard. Esperti alpinisti con molte vie all'attivo nel gruppo del Monte Bianco portarono, per la prima volta, la tecnica d'arrampicata artificiale in zone di guerra. L'intraprendenza, il valore e il coraggio però non bastarono. Il Castelletto resisteva a tutto. Si pensò allora che l'unica soluzione, per vincere l'inespugnabile baluardo, fosse quella di farlo saltare in aria con una mina. Per cinque mesi, 120 alpini-minatori scavarono nelle viscere della montagna; poi, alle ore 3,30 dell' 11 luglio 1916, la montagna tremò e si ebbe la terribile deflagrazione. La speranza italiana di veder disintegrato il Castelletto, e con esso la resistenza austriaca, rimase però delusa. La mina creo soltanto un enorme cratere e, in compenso, le esalazioni dell'esplosione riempirono le gallerie piene di alpini pronti all'attacco finale, che invece rimasero intossicati e dovettero ritirarsi. All'esterno era ancora peggio però: tutte le vie di salita erano piene di detriti e di sassi pericolanti. In pratica, la deflagrazione aveva riversato i suoi effetti su coloro che l'avevano provocata. Ci vollero tre giorni di tentativi e un temporale d'inaudita violenza, che ripulì il canalone, prima che gli italiani conquistassero la cima del Castelletto. Finalmente gli alpini avevano raggiunto la testa della Val Travenanzes, ma gli imperiali insieme ai tedeschi del Deutsches AlpenKorps, che avevano previsto questa eventualità, si ritirarono per tempo predisponendo immediatamente una nuova linea difensiva, ben mimetizzata, nella parte mediana della valle. Contro questo nuovo sbarramento, ancora sconosciuto agli alpini, venne portato un grande attacco il 30 luglio 1916, che si concluse però amaramente per gli italiani, i quali dovettero ritirarsi nelle posizioni di partenza alla fine della battaglia, dando il nome ben significativo de "la trappola della Val Travenanzes". Da quel giorno i due eserciti si preoccuparono soprattutto di consolidare le posizioni raggiunte, in un'evidente situazione di blocco strategico-militare. Poi, alla fine dell'ottobre 1917, arrivò la notizia della disfatta di Caporetto; bisognava abbandonare immediatamente tutto quello che in 28 mesi si era conquistato o difeso con immensi sacrifici. All'improvviso le Tofane ritornarono nel loro naturale silenzio. I materiali vennero recuperati, il tempo distrusse le baracche e le postazioni. Rimasero soltanto le opere scavate nella roccia, le caverne e le gallerie, ultime mute testimonianze di una battaglia fra valorose "aquile".

Altri Link in zona
Monte LAGAZUOI 2.792 m
Monte COL dei BOS 2.559 m.
Monte SASS DE STRIA 2.477 m.
Monte AVERAU 2.647 m.
Monte NUVOLAU 2.574 m.
Museo CINQUE TORRI

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