Sui sentieri della Grande Guerra del fronte isontino: il Monte Stol 1.673 m. La lunga dorsale del monte Stol

    Album di fotografie e descrizione dell'escursione sul monte Stol. La montagna si trova in Slovenia, posta alle propaggini delle elevate Alpi Giulie, si erge tra le valli del fiume Isonzo e del Natisone. La sua caratteristica principale, non è la modesta altezza ma la lunghezza della cresta, che raggiunge i 18 km ed è la dorsale, completamente erbosa, più lunga delle Prealpi Giulie. Se consideriamo anche la parte occidentale, (sul lato italiano - Gran Monte) si prolunga per un totale di 35 km. Durante la Prima Guerra Mondiale fu uno dei teatri della battaglia di Caporetto, sul fronte isontino.  La nostra proposta escursionistica, prevede la salita del monte Stol, durante una lunga traversata dalla frazione di Breginj (Bergogna) al paese Kobarid (Caporetto).

    ACCESSO - Dall'Italia: raggiunta la cittadina di Cividale del Friuli, l'antico centro romano "Forum Iulii" - via Udine (autostrada A23) - si segue la Strada del Pulfero, antica strada romana che collegava Aquileia alle regioni danubiane, chiamata "Belloja" (dal latino bellum, guerra). La strada segue il corso del fiume Natisone ed entra in Slovenia attraverso il valico di Stupizza (in sloveno Robic). Raggiunta la località di Staro Selo, un passo che separa le acque del Natisone da quelle dell'Isonzo, si gira a sinistra e si percorre una strada secondaria che conduce al paesino di Breginj (in italiano Bergogna).  

    ITINERARIO: SALITA E TRAVERSATA - All'interno del paese di Breginj 557 m. si visita un interessante piccolo museo di architettura. Salita Monte Stol Si tratta di un complesso di case costruite in pietra a due piani, ornate con i ganki (balconi tipici di legno lungo tutta la facciata della casa), che collegavano anche la stalla ed il fienile. Sono l'ultima testimonianza della tipica architettura slavo-veneta, rimasta intatta dopo il terremoto del 1976, che distrusse l'intera frazione. Dal paese inizia una strada bianca, in direzione nord, che velocemente si avvicina alle propaggini del monte Stol. All'inizio dell'erto pendio si entra all'interno di un bel sottobosco di faggete, e si prosegue con un sentiero (bollini bianco/rossi) che conduce alla chiesetta di Sv. Marjeta 972 m. Salita Monte Stol Dalla chiesetta il sentiero continua, sempre con stretti tornanti, fino ad uscire dal bosco di latifoglie e presentare l'incredibile, ripidissimo pendio di salita verso la cima. La traccia si sviluppa sulla linea di massima pendenza e nonostante una serie infinita di zig-zag, risulta molto faticosa, ed in certi tratti anche discretamente esposta (sconsigliata in caso di pioggia). Passo dopo passo si raggiunge la cresta della montagna, nei pressi della cima di Nijvica 1.602 m. Si continua sulla destra e si segue il bellissimo crinale fino alla vetta del monte Stol 1.673 m. La vetta è caratterizzata dalla presenza di un ripetitore e di un piccolo ricovero (sempre chiuso) la "Koca na Stoli".

 Il panorama, nonostante l'altezza della cima sia relativamente modesta, è grandioso. Verso nord si potrà ammirare il vicino ed aspro Gruppo del Canin e la catena dei monti Nero (Krn) - Vrata - Vršic. Verso sud la vista spazierà verso i monti Matajur e Kolovrat che, a differenza del dolce versante italiano, viste da qui hanno l'aspetto di vere montagne e fanno da alta sponda (oltre 1.000 metri) al fiume Isonzo, la cui verde vallata sfugge lontano, sinuosa ed affascinante, verso Tolmino e la pianura. Dalla cima inizierà la traversata, verso est, della lunghissima dorsale completamente erbosa del monte Stol. Un sentierino, in leggera discesa, consente di raggiungere velocemente la Planina Božica 1.400 m., dove arriva anche la strada bianca che collega la valle di Breginj con il valico italo-sloveno di Uccea. Dall'ampia radura della malga, inizia una strada carrareccia, ex-militare, che consente di continuare la traversata sul versante meridionale della montagna, qualche metro più in basso della cresta e che permette bellissime vedute "aeree" sulla Valle del Natisone (Nadiža) ed il Passo di Stupizza (in sloveno Robic). Superati i piccoli rilievi del Mali vrh 1.405 m. e della Vršanja Glava 1.354 m. si raggiunge il Bivak Planja (Hlek) alla quota di 1.225 m. La traversata continua in dolce discesa, tra radure, Salita Monte Stolprati e piccoli boschi, transita davanti ad una casa di cacciatori ed infine raggiunge lo Starijski Vrh 1.146 m., l'ultimo rilievo della lunga ed infinita dorsale erbosa del monte Stol. Da questo ultimo pulpito panoramico, inizia la "picchiata" finale verso il fondovalle. Una traccia conduce, all'interno di un fitto bosco, lungo il ripidissimo versante orientale della montagna, fino all'abitato di Caporetto/Kobarid 234 m. L'ultimo tratto del sentiero, lastricato, conduce nella piazza principale nel centro della cittadina, proprio nei pressi dell'inizio della strada con le stazioni della Via Crucis, che conduce alla chiesa di S. Antonio, dove si trova il più grande ossario, in territorio sloveno, dei soldati italiani caduti durante la Prima Guerra Mondiale sul fronte isontino.  

    DIFFICOLTA' - La salita al monte Stol, durante la traversata dell'intera dorsale da ovest ad est, è una lunga escursione di media difficoltà. Non ci sono punti tecnicamente difficili, ma per la lunghezza del percorso, i dislivelli importanti e la ripidezza del versante di salita è un'escursione molto faticosa. Per questi motivi l'itinerario è indicato ad escursionisti esperti, con una buona condizione fisica e con doti di resistenza.

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Sui sentieri della Grande Guerra del fronte isontino: traversata del monte STOL

Salita e traversata del monte Stol 

Tempo salita:   2,30 - 3,00 h.  
Tempo discesa:   4,00 h.
Dislivello salita:   1.115 m.
Dislivello discesa: 1.440 m.
Sviluppo: 18 km.
Difficoltà: EE - (difficoltà)
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Cartografia Ed. Tabacco 1:25.000    Foglio 41 Valli del Natisone 

DATA escursione:

17 maggio 2015 

NOTE STORICHE della Grande Guerra sul monte STOL

Era il 25 ottobre 1917 quando il monte Stol, grazie alla sua posizione strategica sul fronte isontino, avrebbe potuto cambiare il corso della "storia" della Prima Guerra Mondiale e il tragico destino di migliaia di soldati di entrambi gli schieramenti. In quella seconda importante giornata della Dodicesima Battaglia dell'Isonzo (Caporetto), però, l'attimo cruciale, l'occasione militare non fu colta dal Comando italiano. Per comprendere la situazione di quel momento, riavvolgiamo per un attimo il nastro della storia…..

 All'inizio del conflitto, nei mesi di maggio e giugno 1915, sul fronte dell'Alto Isonzo gli alpini italiani con azioni alpinistico-militari di grande valore, riuscirono a conquistare alcune cime importanti, il famoso monte Nero e la cresta dei monti Vrata-Vršic. Ma lo slancio iniziale fu ben presto bloccato dall'accanita resistenza austro-ungarica e il fronte si stabilizzò, la guerra divenne di posizione, trincea contro trincea. Nell'immediata retrovia italiana, c'era un'altra catena di montagne formata dal monte Stol, dal monte Matajur e dal Kolovrat, che formavano la 2ª linea difensiva italiana. Grazie alla loro posizione dominante sulla Valle dell'Isonzo, erano stati scelti quali punti strategici per l'osservazione e sedi di batterie d'artiglieria. I pendii settentrionali estremamente ripidi delle montagne, li rendevano delle roccaforti quasi invincibili. Dopo gli scontri iniziali, la situazione di questo settore del fronte rimase immutata e poi arrivò il 24 ottobre 1917. La coalizione austro-tedesco iniziò la controffensiva nel settore dell'Alto e Medio Isonzo, su una fronte di circa 25 chilometri tra il monte Rombon (Gruppo Canin) e Tolmino, con 7 divisioni germaniche e 5 austriache, iniziava la Dodicesima battaglia dell'Isonzo. Il successo iniziale fu travolgente, le truppe austriache del "Gruppo Krauss" sfondarono il fronte italiano nella conca di Plezzo e sul monte Rosso, mentre le truppe d'élite tedesche del "Gruppo Stein" della 12 ª Divisione Slesiana e da quelli dell'Alpenkorps bavarese travolsero le difese italiane sulla linea dei monti Sleme-Mrzli Vrh-Vodil Vrh. La manovra a tenaglia era riuscita perfettamente, il piano d'attacco venne realizzato perfettamente, le truppe austriache e tedesche invasero la Valle dell'Isonzo e si congiunsero nella cittadina di Caporetto. La sera del primo giorno della battaglia, quando le operazioni vennero interrotte quasi completamente, la situazione italiana era molto grave, ma non ancora disastrosa. Infatti la seconda linea di difesa, quella considerata "ad oltranza" era praticamente intatta, in certi tratti non aveva subito nemmeno attacchi. Però quando iniziò la seconda giornata della battaglia, i Comandi italiani erano nel caos, non avevano informazioni, ma soprattutto non avevano il quadro generale della situazione. Alla 50ª Divisione italiana, già la sera del 24, venne dato l'ordine di attestarsi sul monte Stol, dove per la prima volta durante la Grande Guerra, gli italiani avrebbero potuto difendersi dall'alto, costringendo le truppe austriache e tedesche ad attaccare dal basso, come avevano fatto loro per ventotto mesi, su tutti i colli e le cime del fronte isontino. Una montagna con una cresta lunghissima (35 km.) e tutti i versanti ripidissimi, avrebbe potuto essere un formidabile baluardo difensivo per fermare la travolgente avanzata degli Alpenkorps o almeno rallentarne l'impeto, in modo da consentire alle truppe italiane una ritirata più ordinata. Invece la grande occasione venne persa, per le avventate e sconsiderate decisioni prese da alcuni comandanti, che per la paura di essere circondati e quindi catturati, ad insaputa dello stesso comando del IV° corpo d'armata, diedero alla sera del 25 ottobre, l'ordine di ritirarsi anche dal monte Stol. 

Così la mattina del terzo giorno della battaglia, con la caduta anche del monte Matajur, iniziava la "disfatta" di Caporetto, l'avanzata austro-tedesca verso la pianura friulana, non aveva più ostacoli.

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