Sui sentieri della Grande Guerra del fronte isontino: salita sul monte SABOTINO. Museo all'aperto monte Sabotino

Album di fotografie e descrizione della visita al Museo all'aperto della Grande Guerra sul monte Sabotino. Alto appena seicento metri, roccioso e ricoperto dalla landa carsica, con la parete nord a strapiombo sull'Isonzo, il monte domina la città di Gorizia, il Collio ed una parte della Valle dell'Isonzo. Per queste sue caratteristiche, durante la Prima Guerra Mondiale 1915-1918 fu scelto dagli austriaci quale baluardo difensivo della testa di ponte di Gorizia, lungo il fronte isontino. Venne conquistato dai soldati italiani durante la VI battaglia dell'Isonzo. In tempi recenti le testimonianze della Grande Guerra, trincee, gallerie, ricoveri, sono state recuperate per merito della Fondazione slovena "Pot Miru" (Sentieri della Pace). La lodevole iniziativa ha consentito di realizzare il Parco della Pace del Monte Sabotino (Sabotin Park Miru in sloveno), un museo all'aperto della Grande Guerra, transfrontaliero tra Italia e Slovenia, ricordiamo infatti che la montagna segna il confine tra i due paesi. Si consiglia di visitare il monte Sabotino in primavera, quando i sui pendi si ricoprono di un mantello di fiori, o in autunno quando dominano le tonalità di colore dal giallo al rosso al marrone.

    ACCESSO - Diversi sono i sentieri per salire il Sabotino, quasi tutti in Slovenia. Dall'Italia, arrivati a Gorizia, si supera il confine all'ex valico della Casa Rossa e superata Nova Gorica si prosegue in direzione di Salcano (Solkan). Raggiunto il paesetto si devia a sx e si supera il ponte sul fiume Isonzo, da qui la strada continua alla base del versante meridionale del Sabotino, dove si trovano i parcheggi per iniziare i vari itinerari. Proseguendo lungo la stessa strada (per i più pigri) si può raggiungere direttamente il rifugio Planinska koča na Sabotinu ai piedi della cima. Si continua per 11 km attraversando i paesi di Pod Sabotin Hum e Kojsko. Arrivati a Gonjače, si svolta a destra in direzione Plava fino all'incrocio con l'inizio del Parco della PacePiramide, segna la partenza dell'assalto italiano (monumento all'entrata a destra). Si prosegue per altri 7 chilometri in mezzo alla landa carsica, dove sono visibili due piramidi che indicano il punto di partenza dei battaglioni italiani che conquistarono definitivamente il Sabotino. Raggiunto un parcheggio, il rifugio si trova a pochi minuti di cammino.

    ITINERARI dei Sentieri storici - Punto di partenza per la visita del Museo all'aperto della Grande Guerra è il rifugio Planinska koča na Sabotinu 583 m. L'edificio oggi è utilizzato come punto d'informazione, di ristoro e da piccolo museo. Fino al 1945 fu la casa del custode di un primo museo sul Sabotino, infatti già nel dopoguerra si pensò di preservare i manufatti bellici, dall'inevitabile rovina, testimonianze del sacrificio e del coraggio dei contendenti. Successivamente, dal 1947 al 1991, quando il nuovo confine di stato venne segnato sulla cresta del monte, l'edificio venne riconvertito in caserma dall'ex armata jugoslava ed il Sabotino divenne quasi inaccessibile. Con l'indipendenza della Slovenia il monte è ritornato ad essere una meta escursionistica e storica. Tre sono le aree più interessanti del museo all'aperto:

  1- Dal rifugio, verso destra, inizia un sentierino che sale lentamente verso la cresta del monte. Lungo il percorso si possono visitare postazioni d'osservatorio, trincee e postazioni per cannoni (non restaurati). Superato il limite superiore della vegetazione carsica, si continua sulla dorsale rocciosa, seguendo gli innumerevoli cippi bianchi del confine. ll panorama è straordinario, si cammina ammirando a nord tutte le vette del Medio e Alto Isonzo: il monte San Gabriele, il monte Santo (Sveta Gora), il Vodice, il monte Nero (Krn) fino al lontano gruppo del Canin. Verso sud la vista spazia sulla pianura isontina, il Mar Adriatico, Gorizia, il Collio e le tristemente famose alture del Podgora (Calvario) e Oslavia. Infine, non ultima, la spettacolare vista aerea sulle acque turchesi dell'Isonzo. La cima del monte Sabotino Raggiunta la vetta del monte Sabotino 609 m. (bella rosa dei monti su basamento in pietra) si prosegue in leggera discesa sulla cresta, fino ai ruderi dell'eremo di San Valentino 538 m. costruito tra il 1500 ed il 1700. Su questo importante punto d'osservazione che domina l'ansa del fiume Isonzo, già i romani costruirono il Castrum Silicanum (Salcano-Solkan). Si rientra al rifugio lungo lo stesso itinerario dell'andata.

2- Dietro al rifugio inizia il sentiero storico in leggera salita che conduce ad un sistema di gallerie a più piani e ai ricoveri (ricostruiti) degli austro-ungarici, sulla verticale parete Nord del Sabotino. Una enorme caverna è la porta d'entrata dell'articolato labirinto di gallerie che con una serie di balzi scende nelle viscere del monte. Gradini scavati nella roccia consentono di visitare i vari livelli, si scoprono caverne per ricoveri, spazi per le riserve di munizioni e postazioni d'artiglieria. La visita non presenta difficoltà, poichè le ripide scale sono parzialmente attrezzate con dei corrimano metallici e le gallerie sono illuminate, grazie ad un intelligente impianto fotovoltaico ad energia solare. Seguendo i bolli bianchi contornati di rosso, il percorso esce dalle gallerie, per proseguire su una cengia a strapiombo sull'Isonzo. Qui si trova l'opera più importante dei volontari della Fondazione "Pot Miru": la ricostruzione delle baracche-ricovero austriache, della stazione d'arrivo della teleferica (che saliva direttamente dalla valle dell'Isonzo) e della baracca del Comando sia esterna che in caverna. La visita prosegue ritornando all'interno della montagna, attraverso un'entrata in cemento armato, che introduce ad altre gallerie che servivano da ricoveri per i soldati e deposito d'acqua per il presidio (grande vasca in cemento armato). Si ritorna al rifugio osservando un'ultima galleria, chiusa con una grata metallica, dove si trovava un deposito d'acqua prelevata direttamente dall'Isonzo con delle tubature. 

   3- Dal rifugio, verso sinistra, inizia un sentierino che conduce alla "galleria delle otto cannoniere". Sono l'opera del 3° Genio - 310° Compagnia - del capitano Gavotti, Galleria 8 cannoniere un sistema di gallerie per l'artiglieria, realizzate dagli italiani dopo la conquista del Sabotino con le feritoie rivolte verso il Monte Santo e il San Gabriele, sul ripido versante nord. I cannoni da 105 venivano faticosamente calati all’interno della galleria mediante un sistema di funi e carrucole, i cui punti di ancoraggio (pesanti anelli di ferro) sono tuttora identificabili, fissati ai lati esterni dell’imbocco delle postazioni in caverna. Si percorre la galleria principale e si osserva, a destra, le otto gallerie che conducevano alle postazioni d'artiglieria, mentre a sinistra si trovano i collegamenti con il camminamento esterno, parallelo alla galleria. La galleria termina con un osservatorio verso il Monte Vodice. Per ritornare al punto di partenza, ed effettuare un piccolo itinerario ad anello, è consigliabile percorrere il camminamento esterno e la trincea scavata nella roccia, sul versante sud, che si snoda ai piedi del rifugio e alla fine lo raggiunge in pochi minuti.

    DIFFICOLTA' - La visita del Museo all'aperto sul monte Sabotino non presenta difficoltà. All'interno delle gallerie le ripide scale sono parzialmente attrezzate con dei corrimano metallici e le gallerie sono illuminate. I tempi di percorrenza non sono stati riportati, poichè sono proporzionali all'interesse soggettivo della visita storica. (un paio d'ore sono sufficienti per visitare i principali siti storici)

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Sui sentieri della Grande Guerra del fronte isontino: il monte SABOTINO

Itinerari di salita al monte SABOTINO

1- Sentiero nord:  1,30 h. - 4,4 km.
2- Sentiero sud:  1,40 h. - 3,4 km.
3- Sentiero del corridoio 1,00 h. - 1,4 km.
4- Sentiero Podsabotin: 1,50 h. - 5,3 km.
5- Sentiero Brda: 1,45 h.  - 6,0 km.
6- Sentiero San Mauro: 1,10 h. - 2,8 km.

NOTE STORICHE della Grande Guerra sul monte SABOTINO

La conquista del monte Sabotino, fu probabilmente la più grande vittoria dell'esercito italiano, sul fronte dell’Isonzo (assieme al monte Nero), durante i primi due anni della Grande Guerra. 

Nell'inutile guerra di logoramento che insanguinò il Carso, per Undici battaglie più la decisiva Dodicesima (Caporetto), caratterizzata da lotte spaventose per il possesso di un arido vallone o di un dosso senza nome, durante la Sesta battaglia gli italiani riuscirono a conquistare una delle roccaforti più importanti del sistema difensivo austro-ungarico, ritenuta invincibile. All'inizio della Prima Guerra Mondiale, gli strateghi dell'esercito imperiale, intuirono che lo sforzo maggiore dell'esercito italiano si sarebbe concentrato lungo gli ottanta chilometri del fronte che si snodava dal Mar Adriatico alle propaggini delle Alpi Giulie e per questo motivo realizzarono la linea principale di difesa lungo il fiume Isonzo. Approfittando delle caratteristiche del territorio carsico predisposero le difese sulle cime sovrastanti la riva sinistra del fiume, con l'eccezione delle teste di ponte di Gorizia e Tolmino sulla riva destra. Dal 24 maggio 1915, inizio della guerra, il piano italiano di Cadorna, aveva individuato nella valle dell’Isonzo la sola via percorribile verso il cuore dell’impero asburgico, così  trincea dopo trincea, pietra dopo pietra, l'esercito italiano arrivò davanti al campo trincerato di Gorizia, formato dalle colline del Calvario (Podgora), dell'Oslavia e del pilastro roccioso del Sabotino. Il VI corpo d'armata sferrò ripetuti sanguinosissimi attacchi nel corso della Terza e Quarta battaglia dell'Isonzo (ottobre-novembre 1915), senza riuscire a intaccare la linea di resistenza nemica. Il Comando italiano alla fine comprese che l'assalto frontale portato dalla pianura a ondate sempre più numerose, verso la montagna, era soltanto che una carneficina. Il Sabotino sembrava imprendibile, incombeva dall'alto, con i tenaci difensori austro-ungarici ben posizionati sulla cresta con cannoni e mitragliatrici. Era necessario cambiare il modo di attaccare. Nel febbraio 1916, venne destinato in questo settore del fronte, l’allora tenente colonnello Badoglio, che organizzò la posizione, la studiò e predispose una nuova tattica: avvicinarsi il più possibile all'obiettivo e raggiungere il punto dove fosse possibile, con un balzo, vincere la resistenza dei difensori. Con lo scavo di profonde trincee e la costruzione di camminamenti blindati, i fanti italiani avanzarono sul pendio meridionale della montagna e  durante la Quinta Battaglia (maggio 1916)  portarono l'occupazione a 30 metri dalla linea avversaria a quota 513 m. Infine si scavarono due grandi caverne, capaci di contenere i reparti d'assalto.

Nei primi giorni d'agosto era tutto pronto per lo scontro finale, ma chi erano i contendenti che si preparavano a fronteggiarsi per il possesso del monte Sabotino? Da una parte, la Brigata Lupi di Toscana del 78° Reggimento, "Lupi"  perchè si racconta che in precedenti scontri, gli austriaci davanti all'eroismo dei suoi fanti avessero gridato " questi non sono uomini ma lupi". (Da qui il motto Tusci ab hostium grege legio vocati luporum  "I Toscani sono chiamati dal gregge dei nemici legione di lupi"). Dalla parte opposta i difensori, un battaglione di Schützen dalmati del 37° Reggimento fucilieri, soldati per tradizione atavica, figli delle montagne rocciose che precipitano nell'Adriatico, animati da una volontà incredibile, combattevano spesso soltanto con il coltello fra i denti, con le mazze ferrate o a mani nude.

Alle ore 16:00 del 6 agosto 1916, dopo  il fuoco tambureggiante delle artiglierie italiane, i fanti di tre brigate, forti di dodicimila uomini, si lanciarono all'assalto. In soli quaranta minuti l'inespugnabile fortino, crollò,  il monte Sabotino era conquistato dagli italiani. La conquista, fu così rapida e travolgente, da meritare la consacrazione dannunziana: "fu come l’ala che non lascia impronte, il primo grido avea già preso il monte". I difensori dalmati furono colti di sorpresa, uno stratagemma li aveva bloccati nelle caverne, prima dell'attacco le bombarde italiane avevano intensificato l'attività a tal punto che nessuno aveva notato lo spostamento del tiro, mentre era in atto l'assalto. Gli Schützen dalmati però non si ritirarono e nemmeno si arresero, ma si rifugiarono nelle viscere del monte, pronti a contrattaccare se fossero giunti i rinforzi. Infatti il giorno seguente  gli austriaci sferrarono un violento contrattacco. Gli italiani lo respinsero, rafforzando in tal modo la loro presenza lungo tutto il costone dalla cima del Sabotino all’Isonzo. Rimaneva però la sacca di resistenza austriaca all’interno del monte. L'epilogo dello scontro sul Sabotino è uno degli episodi più crudeli e terribili della Grande Guerra. All'intimazione di resa, rivolta ai difensori, i fanti italiani ebbero come risposta un lancio di bombe a mano e scariche di fucileria. Vennero allora trasportati sul monte contenitori di petrolio, con il quale gli italiani irrorarono la gallerie dall'alto, ricevuto un secondo rifiuto alla resa, venne appiccato il fuoco. Allora il Sabotino iniziò a bruciare, fino nelle viscere più profonde. I difensori dalmati morirono tutti, arsi dalle fiamme o soffocati dal fumo. La Sesta battaglia dell'Isonzo era terminata, con una doppia vittoria italiana: la conquista militare del Sabotino e quella morale della presa di Gorizia.

L'esercito italiano trasformò velocemente la roccaforte difensiva del Sabotino in offensiva. Vennero allargate le caverne e i ricoveri austro-ungarici, furono costruite nuove postazioni d'artiglieria (galleria delle otto cannoniere), con le bocche da fuoco nascoste da un ultimo diaframma di roccia, non viste dagli osservatori austriaci. Pochi centimetri di pietra carsica, che sarebbero stati abbattuti nel momento in cui le batterie avrebbero aperto il fuoco, all’alba del 12 maggio 1917, inizio della Decima battaglia dell’Isonzo, contro il monte Santo, il Vodice e il San Gabriele. Perchè la guerra non finiva con il Sabotino ma continuava, assurda, lenta ed infinita, sulla pietraia arida del Carso e stava portando i due eserciti al massacro totale, fisico e morale. 

E poi arrivò il 24 ottobre 1917. L'Armata austro-ungarica, anticipando gli italiani, con il supporto di sette fresche divisione di tedeschi (Alpenkorps e Jäger) e nuove terribili armi, mitragliatrici portatili e gas micidiali, iniziò una controffensiva. Dalla postazione del Ravelnik, nella conca di Plezzo (Bovec) e sulle alture del Kolovrat, l'attacco ebbe un successo travolgente, inaspettato, gli esausti reparti italiani del fronte isontino cedettero di colpo. Per non essere circondate, tutte le armate italiane, dalle Dolomiti al mar Adriatico, dovettero ritirarsi fino al fiume Piave. Da quel giorno sul Sabotino, finalmente, ritornò il silenzio. 

Monumento ai "Lupi" di Toscana Monumento ai Lupi di Toscana sul Sabotino del 1938 (andato distrutto)

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