Sui sentieri della Grande Guerra del fronte isontino: il monte MRZLI VRH  1.359 m. Il fiume Isonzo dalla cima del Mrzli vrh

    Album di fotografie e descrizione della visita al Museo all'aperto della Grande Guerra sul monte Mrzli vrh (Cima Fredda) 1.360 m. (Gruppo del monte Nero - Alpi Giulie). Nella Media valle dell’Isonzo, in territorio sloveno, dove il fiume dal caratteristico color smeraldo forma un’ansa e la vallata si allarga, si trova il paese di Tolmino. A settentrione dell’ampia conca, il paesaggio è dominato da un’aspra montagna dai versanti ripidi e scoscesi: il Mrzli vrh. Dal punto di vista escursionistico è una meta molto ambita per lo stupendo panorama che offre dalla sua cima, dal punto di vista storico è pure molto interessante per i tragici avvenimenti bellici avvenuti durante la Prima Guerra Mondiale 1915-18. Assieme al San Michele fu il monte più conteso del fronte isontino. Oggi, grazie al lavoro di recupero del Progetto transfrontaliero italo-sloveno "Pot Miru " (Sentiero della Pace), tutta la parte sommitale del monte è diventata un Museo all’aperto della Grande Guerra. La nostra proposta escursionistica, prevede la salita del monte Mrzli vrh, durante una lunga traversata da Javorca (Zatolmin) al paese di Krn.

    ACCESSO - Dall'Italia due possibilità: si attraversa il confine presso Gorizia/Nova Gorica (Casa Rossa) e si risale la valle dell'Isonzo via Kanal-Tolmino - oppure con la Strada del Pulfero (via Udine-Cividale del Friuli) attraverso il valico di Stupizza (Robič), Caporetto (Kobarid) e Tolmino. Attraversato il paese di Tolmin, si sale alla frazione di Zatolmin, da dove inizia, in direzione Ralne-Planina Polog, una strada stretta, senza protezioni e solo parzialmente asfaltata. Dopo sette chilometri si raggiunge un parcheggio, sul versante occidentale della valle del torrente Tolminka.

   ITINERARIO SALITA – Dal parcheggio, ai margini del Parco Nazionale del Triglav (Tricorno), inizia l’escursione storica. Una strada in leggera salita conduce in circa venti minuti, alla chiesetta commemorativa di Javorca dedicata a Sv. Duh (Spirito Santo). Edificata nel 1916 dai soldati austro-ungarici, raccoglie i caduti morti sui monti che circondano Tolmino, provenienti da ogni angolo dell’impero: austriaci, sloveni, croati, boemi, galiziani, rumeni e ungheresi. La chiesetta costruita in legno su una base in muratura cadde in rovina alla fine della Grande Guerra. Il primo restauro lo eseguirono gli italiani nel 1934, mentre con l’ultimo, nel 2005, la chiesa è ritornata al suo antico splendore.

    Un piccolo capolavoro, unico, sul fronte isontino della Prima Guerra Mondiale. Alla chiesa di Javorca, posta su una rupe rocciosa, si accede attraverso una scenografica scalinata. Sulle pareti esterne, si trovano grandi riquadri di legno con la raffigurazione degli stemmi delle venti regioni dell’Impero Austro-ungarico. L’interno è molto suggestivo, realizzato completamente in legno, ha come colore dominante il blu, simbolo di pace e di serenità, sul soffitto si trovano diversi tratteggi con simboli che richiamano le diverse religioni dei soldati che componevano l’esercito austro-ungarico: musulmana, cattolica, ortodossa e protestante. Sulle pareti si trovano i pannelli di legno, sui quali sono incisi a fuoco i nomi di 2.564 caduti. Prima d’uscire un ultima occhiata all’iscrizione a perenne ricordo del sacrificio di migliaia di soldati caduti nell’assurda lotta per il possesso del monte Mrzli Vrh: “O indimenticabili eroi dello Sleme del Mrzli Vrh e del Vodil Vrh, i cui nomi queste pareti celano e mantengono vivi….”

    Dalla chiesetta di Javorca, 571 m., inizia il sentiero storico "Pot Miru” che sale verso la dorsale Sleme-Mrzli Vrh-Vodil Vrh. Il versante meridionale di queste montagne è attraversato da una moltitudine di vecchi sentierini militari, bisogna seguire con molta attenzione la ridotta segnaletica che consente di progredire lungo il pendio (piccoli paletti di legno). Superato un ponticello sopra il rio Peščak, il sentiero sale con pendenza regolare e lunghi tornanti, fino alla malga della Planina Črča. Segue un tratto impegnativo, che affronta “direttamente” un pendio erboso discretamente ripido, si prosegue con un zig-zag all’interno di un fitto bosco, che alla fine conduce ai pascoli della Planina Laška. Dalla malga si ammira una spettacolare vista sull’anfiteatro delle cime che contorna la Valle Tolminka: i monti Rdeči Rob, Vogel e Skrbina. Dalla malga si continua la salita seguendo una larga carrareccia che in maniera costante affronta il panoramico pendio ai piedi dello Sleme (Visoc vrh). Lungo la strada, mimetizzate dalla vegetazione, si possono individuare alcune grandi piazzole utilizzate dall’artiglieria pesante austro-ungarica. Tralasciata a destra la deviazione per la Planina Sleme, si continua fino alla successiva Planina Medrja. Da questo punto l’ex strada militare diventa quasi orizzontale e conduce con una breve traversata, ad un ampio valico che divide la valle Tolminka dal vasto altopiano ai piedi della catena monte Nero (Krn)- monte Rosso (Batognica). Nei pressi si trova una casa per i cacciatori, la Lovška Koča. Infine con una breve discesa si raggiunge la sella Pretovč 1.124 m. (raggiungibile anche dal paese di Zatolmin-Sottolmino). Sulla sella nei pressi della omonima Planina, un pannello informativo indica l’inizio del Museo all’aperto della Grande Guerra del monte Mrzlj vrh.

    Il sentiero storico percorre un itinerario ad anello. Una traccia risale il ripido pendio erboso alle spalle della malga, a fianco della recinzione di un pascolo, sul versante settentrionale della montagna. Raggiunta una fascia rocciosa sotto al cima, iniziano una serie di caverne austro-ungariche. In una di queste nel 1917 i soldati ungheresi collocarono un altare dedicato alla Vergine Maria, opera unica e suggestiva del fronte isontino. Fare molta attenzione se si desidera esplorare le gallerie, sono molto lunghe, spesso allagate e ovviamente è necessaria una fonte luminosa. Proseguendo la salita, sulla sinistra parte un sentierino non segnato, ma evidente, che traversa verso il limite est la cresta che caratterizza la sommità del monte. In pochi minuti seguendo le rovine di una trincea si giunge alla vetta del Mrzli vrh (Cima fredda) 1.359 m. Il panorama è straordinario, si osservano molte vette delle Alpi e Prealpi Giulie, ma soprattutto la vista spazia sulla sottostante valle dell’Isonzo e su tutti i teatri degli scontri più importanti durante la Grande Guerra sul Medio e Alto Isonzo. La facile e lunga cresta continua verso occidente tra trincee e postazioni semisepolte ed invase dalla vegetazione. Quando il sentierino inizia a scendere (dalla parte opposta della salita) si entra nella zona più contesa del Mrzli vrh, dove le trincee di prima linea italiane ed austro-ungariche erano distanti solo poche decine di metri, dove si trovava il famoso “trincerone”. Raggiunta la Planina Lapoč 1.160 m. il percorso ad anello conduce nuovamente alle caverne e rapidamente alla Planina Pretovč. Rispetto ad altri Musei all’aperto della Grande Guerra, il Mrzli vrh può essere un po’ deludente per chi desidera osservare manufatti bellici ripristinati e restaurati, la loro mancanza però, è la vera testimonianza di quanto questa montagna fu contesa durante il conflitto, testimone di cruenti scontri, di assurdi assalti italiani verso la cima fortificata dagli austro-ungarici. Le trincee, le postazioni, i ricoveri furono bombardati ininterrottamente per 28 mesi, e soprattutto all’inizio della Dodicesima Battaglia dell’Isonzo tutto venne sconvolto e distrutto.

    ITINERARIO DISCESA – Dalla Planina Pretovč, si ritorna alla sella omonima, per continuare la traversata in direzione del paesino di Krn. Una larga carrareccia, con lunghi tornanti, consente una facile discesa all’interno di un bosco, che soltanto in alcuni tratti, in prossimità di alcune case sparse, si riduce a sentiero. Raggiunti gli alti pascoli alla base della muraglia rocciosa del monte Rosso (Batognica) ad un bivio indicato, si abbandonerà la strada principale che scende direttamente al paesetto di Krn 892 m.

    Alle pendici dei monti Mrzli vrh e Vodil, nella valle dell'Isonzo, si trovano due commoventi testimonianze in onore dei soldati italiani. Nei pressi del paese di Kamno, all'interno dell'ex cimitero militare "Piscitelli", si trova una lapide dedicata ai Caduti della Brigata "Emilia". L'artistico monumento è stato restaurato nell'ottobre del 2018 ad opera del Comitato Memorie di Bologna. ll secondo monumento si trova nel paese di Gabrje, una cappella militare sulla quale capeggia la scritta "Torneranno", in onore degli alpini caduti sul Mrzli vrh e sul Vodil.

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Sui sentieri della Grande Guerra: il monte MRZLI VRH

Itinerario:  Tempo Dislivello
 
Salita dalla chiesa Javorka: 3,00 h. 800 m.
Discesa al paese di Krn:  2,00 h. 470 m.
Note: Traversata possibile solo con più mezzi a disposizione
Difficoltà: Facile, discretamente lunga
Cartografia: Geodetska Uprava – Foglio 089 – Tolmin – Scala 1:25.000

NOTE STORICHE della Grande Guerra sul MRZLI VRH 

   Il Mrzli vrh fu uno dei monti più contesi sul fronte isontino, testimone di feroci scontri ed inauditi sacrifici da parte dei belligeranti. Nonostante questo però, non è molto famoso e nella vasta bibliografia della Grande Guerra, viene menzionato brevemente, fra i motivi, uno è probabilmente dovuto al nome impronunciabile per i “latini”: Mrzli Vrh. La montagna dall’alto dei suoi 1.359 metri domina un lungo tratto della sottostante valle dell'Isonzo, per questa motivo fu scelta dai Comandi austro-ungarici quale punto cardine della linea difensiva. Assieme alle colline di Santa Maria (Mengore), Santa Lucia (Selski Vrh) e Bučenica, costituiva l’invincibile baluardo di Tolmino. Fin dalle prime offensive del maggio 1915, l’esercito italiano tentò di conquistare la vetta, con lo slancio iniziale i fanti dell’8ª Divisione, assieme al 12° Battaglione Bersaglieri e ai Battaglioni Alpini Exilles e Pinerolo, riuscirono a raggiungere la quota di 1.160 metri sul versanti sud-occidentale (oggi Planina Lapoč), ma qui furono fermati, tutti i successivi assalti per raggiungere la cresta furono inutili. Iniziava la guerra di posizione, di trincea, iniziava l’inferno del Mrzli vrh. Non c’era da combattere solo il nemico, ma anche le condizioni ambientali che erano proibitive. D’inverno la montagna si ricopriva di uno strato di ghiaccio ed era sferzata da freddi venti, in primavera la neve si scioglieva e l’acqua gelida riempiva le trincee, causa di molti casi di congelamento agli arti inferiori, d’estate, nei ricoveri e nelle baracche ricoperte di lamiere roventi, si soffriva un caldo atroce e mancava l’acqua. Infine l’autunno, il peggiore, quando le copiose piogge delle Alpi Giulie, creavano dei veri e propri torrenti di fango che s’insinuavano dappertutto e spesso travolgevano le opere difensive.

Bombardamento sul Mrzli vrh Impressionante bombardamento notturno sul MRZLI VRH

  Nell’autunno 1915, durante la Terza battaglia dell'Isonzo, gli italiani tentarono nuovamente di impossessarsi della cresta Mrzli vrh–Sleme-Vodil, che rimaneva un punto chiave, per la conquista mediante aggiramento da nord, dello sbarramento austro-ungarico chiamato “testa di ponte di Tolmino”, sito sulla riva destra dell’Isonzo. Ma sulla cresta delle montagne, in posizione dominante, i difensori avevano schierato alcuni reparti di truppe scelte, composte da tedeschi, polacchi, cechi e ungheresi appartenenti alla 3ª e 8ª Gebirdsbrigade, unità addestrate per il combattimento in montagna formate da veterani e fatte arrivare direttamente dal confine serbo. Gli austro-ungarici avevano costruito a tre quarti del Mrzli un trincerone blindato che contornava un largo tratto della montagna, difeso da larghe fasce di reticolati e mitragliatrici in caverna, inoltre avevano l’appoggio delle batterie d’artiglieria dello Sleme e del Santa Lucia. Il 21 ottobre 1915 con una serie di violente ondate d’assalto, bersaglieri ed alpini conquistarono il “trincerone”. Purtroppo per le truppe italiane, gli austriaci si erano preparati a questa eventualità, ed avevano costruito altre tre linee di trincee sul versante orientale del monte tra il trincerone e la cima. Lo scontro violentissimo tra i coraggiosi attaccanti italiani ed i tenacissimi difensori imperiali si risolse ancora una volta in una carneficina.

  Successivamente il fronte si stabilizzò, non vi furono più grandi manovre, i belligeranti furono impegnati a consolidare e presidiare le posizioni acquisite. Però mentre per le truppe austro-ungariche, ben salde sulla cima, il compito era relativamente semplice, per le truppe italiane invece fu un vero e proprio calvario. Aggrappate sul ripido e scivoloso pendio meridionale, erano continuamente colpite dall’alto, da tutto quello che poteva rotolare (massi, rifiuti, palle di filo spinato, barilotti di esplosivo). Alcune lame di roccia in vertiginosa pendenza, chiamate “lunette”, erano l’unico riparo per bersaglieri, alpini e fanti che in condizioni tattiche e ambientali terribili resistettero per due anni. Questa infelice situazione degli attaccanti, era ben conosciuta dai Comandi Imperiali, che identificarono proprio in questo tratto del fronte, uno dei punti deboli dello schieramento italiano, motivo per il quale fu scelto quale obiettivo primario all’inizio del contrattacco della Dodicesima battaglia dell’Isonzo. Il 24 ottobre 1917, preceduto da un violentissimo bombardamento e dallo scoppio di una mina sotterranea, tutte le postazioni, i ricoveri e le trincee italiane del Mrzli vrh vennero distrutte, sconvolte; opere e soldati vennero ricoperti da macerie e pietre. Alle ore 07:00 la 46ª Divisione italiana venne investita dalle truppe d'élite del gruppo Stein composto dai tedeschi della 12ª Divisione Slesiana e da quelli dell'Alpenkorps bavarese. Fu un’azione travolgente che condusse i tedeschi nella piana di Selisce (Selišče) già alle ore 15:00, assieme alle truppe scese dal monte Rosso (conquistato con le mine), iniziarono a risalire sia la sponda destra che quella di sinistra del fiume Isonzo, in direzione di Caporetto. Ma i tedeschi non si fermarono più, puntavano a conquistare la testa della Val Natisone. Dopo una marcia forzata di 27 chilometri, alle ore 22:30, raggiungevano il paesetto di Robič , all’imbocco del valico di Stupizza, che apriva la via verso Cividale e Udine. Fu questa rapida penetrazione del III° corpo d'armata tedesco del generale Hermann von Stein, l’essenza della così detta ”Battaglia di Caporetto”, la madre della grande disfatta che interessò tutti i soldati italiani schierati sul fronte isontino e sul fronte dolomitico.  

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