Sui sentieri della Grande Guerra dell'alpe Cimbra: il Pizzo di Levico - Cima Vezzena 1.908 m. Il Forte Vezzena

    Album di fotografie e descrizione della salita al Pizzo di Levico o Cima Vezzena 1.908 m. La montagna si trova quasi al confine tra la regione Veneto e il Trentino Alto Adige, tra altopiano di Asiago e l'Alpe Cimbra, (Altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna a cui appartiene), nelle Prealpi Venete. Per la sua straordinaria posizione panoramica, fu denominato "l'occhio degli altipiani", a perpendicolo sulla sottostante Valsugana e ai laghi di Levico e Caldonazzo. Tutta la zona fu duramente coinvolta durante la Prima Guerra Mondiale 1915-18. Oggi, dopo un paziente lavoro di archeologia bellica, con un bel percorso ad anello, si possono visitare due ex fortezze austro-ungariche: il basso Forte Busa “Werk” Verle e il “Werk” Spiz Vezzena sulla vetta dell’omonimo monte.

    ACCESSO - Da sud: con l'autostrada A31 (Valdastico) si raggiunge l'uscita finale di Piovene-Rocchette. Con la statale SS 349 si risale il ripido versante meridionale dell'altopiano di Asiago. La salita conduce al paese di Treschè Conca, e di seguito alla cittadina di Asiago. Si prosegue con la SS 349 in direzione di Lavarone fino al Passo di Vezzena, dove si parcheggia nei pressi della baita al Verle e della Chiesetta di San Giovanni Battista.

   ITINERARIO - Dal passo di Vezzena 1.402 m. si segue per un breve tratto la strada asfaltata (chiusa al traffico) in direzioneForte Busa Verle della Cima Vezzena. Attraverso alcuni bellissimi pendii erbosi si raggiunge l’ex forte austriaco Werk Busa Verle 1.504 m. Questa prima fortezza, all’inizio della Grande Guerra, si trovava quasi sul confine italo-austriaco, per questo motivo fu quasi distrutta dalle batterie italiane poste nei forti di Verena e di Campolongo. La drammatica testimonianza del bombardamento, è stata narrata dallo scrittore austriaco Fritz Weber (a quel tempo ufficiale d’artiglieria), nel libro "Tappe della disfatta".

Visitato il forte esternamente (l’interno è chiuso), si prosegue attraverso i prati, dove si notano ancora i crateri delle esplosioni, fino a raggiungere il limite inferiore del bosco che circonda la Cima Vezzena. In prossimità di una pronunciata curva a destra, si abbandona l’ex carrareccia militare per imboccare sulla sinistra il sentiero CAI n° 205 (1.467 m.) dedicato a Mario Magnago (ripristinato nel 2014). La traccia sale all’interno del bosco con alcune strette serpentine, per proseguire più ripida in prossimità delle roccette che formano la cresta sud-occidentale della montagna. Lentamente si esce dal bosco e si ammira una spettacolare vista sull’Alta Valsugana. Si prosegue tra la bassa vegetazione che nasconde, tra i vertiginosi dirupi, il vecchio Vista sul Lago di Levicosentiero d’arroccamento austroungarico (attenzione all’esposizione!). Alla fine, la traccia del sentiero esce nei pressi del Pizzotto 1.810 m. e s’immette nuovamente nella mulattiera militare, in precedenza abbandonata e che utilizzeremo per il ritorno. In un ambiente aperto e panoramico si sale l’ultimo facile tratto, che conduce sulla vetta del Pizzo di Levico o Cima Vezzena 1.908 m. La vista a 360° gradi è strepitosa, il soprannome “occhio degli altipiani” calza a pennello per una vetta che consente d’ammirare un panorama vastissimo sugli altipiani Cimbro e d’Asiago, sulla sottostante Valsugana, con una parete a strapiombo che scende per oltre 1300 metri fino a fondovalle e sulle lontane cime innevate dei gruppi Presanella-Adamello.

  La croce di vetta si trova esattamente sul tetto del forte austriaco di Cima Vezzena ed è difficile comprendere dove terminano le rocce naturali e dove inizia il cemento armato della copertura. Il forte infatti venne costruito direttamente sulla cima, asportando le rocce di una parte della vetta e sulla parete restante, alta una decina di metri, fu scavato internamente il forte. Un’opera bellica incredibile.

  Per il rientro si percorre la carrareccia militare, che con lunghi tornanti scende dolcemente tutto il versante orientale di Cima Vezzena, fino a raggiungere la sbarra che vieta il transito motorizzato, dove s’incrocia la strada che collega il passo Vezzena con la Malga Marcai di Sopra. Si prosegue a destra lungo la strada asfaltata, che riporta al bivio con il sentiero CAI 205, al forte Busa Verle ed infine al punto di partenza.

 

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Sui sentieri della Grande Guerra dell'alpe Cimbra: il monte il Pizzo di Levico - Cima Vezzena

Itinerario

Durata della visita:  3,00 h.
Dislivello salita/discesa: 540 m./540 m.
Difficoltà: facile-media 
Sviluppo:  9 Km.
Cartografia: foglio n. 57 - Levico-Altipiano di Folgaria, Lavarone e Luserna  - Tabacco 1:25.000

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Altre escursioni sui sentieri della Grande Guerra dell'ALPE CIMBRA

NOTE STORICHE della Grande Guerra sul monte Pizzo di LEVICO-Cima VEZZENA

  Le fortezze austro-ungariche di Spitz Vezzena e Busa Verle, facevano parte delle "Fortezze dell'Imperatore" (assieme alle fortificazioni Doss del Sommo, Sommo Alto, Cherle, Belvedere e Luserna), le quali si contrapponevano ai forti italiani chiamati “Sentinelle del Regno” (Campomolon, Cornolò, Casa Ratti, Punta Corbin, Campolongo, Verena). Il Forte Busa “Werk” Verle trovandosi in ambiente aperto, al centro delle vaste praterie del Passo Vezzena, fu colpito ripetutamente dall’artiglieria italiana all’inizio della Grande Guerra. Dopo i pesanti bombardamenti, il comandante abbandonò il forte. Il forte rimase presidiato soltanto da un gruppo di volontari artiglieri che riuscirono a resistere fino al ritorno della guarnigione al completo. L’esercito italiano attaccò la linea difensiva austro-ungarica sul Passo Vezzena anche con la fanteria. Il 24 e 25 agosto del 1915 presso la località Basson, i fanti della “Brigata Treviso” diedero l’assalto allo sbarramento stradale collegato direttamente con i forti Verle e Spiz Vezzena. Il complesso sistema di trincee parallele e le infinite file di reticolati fermarono inesorabilmente l’attacco, lasciando sul campo più di 1150 soldati italiani.

A partire dal 1910 venne costruito sulla vetta del Pizzo di Levico, il Forte Spitz Vezzena. Per la sua straordinaria posizione panoramica ebbe la funzione principale di osservatorio e di guida, per coordinare il tiro delle batterie dei forti austro-ungarici. “L’occhio degli altipiani” non aveva artiglieria pesante, era armato soltanto con cinque mitragliatrici Schwarzlose, in seguito venne dotato di un cannone da 75 mm. con funzione antiaerea. Nonostante fosse stato realizzato all’interno del cocuzzolo roccioso della cima, ed avesse il lato est protetto dalla cresta rocciosa, subì molti danni a causa della sua posizione facile da individuare, che lo rendeva un facile bersaglio per l’artiglieria italiana. Così, mentre la guarnigione sulla cima si proteggeva scavando gallerie e ricoveri sempre più profondi nelle viscere della montagna, il maggiore problema per gli austriaci erano gli approvvigionamenti al forte. Il sentiero d’accesso sul versante sud era su terreno scoperto e sempre sotto il tiro italiano, percorrerlo era un suicidio. Per questo motivo fu scavato un ardito sentiero di collegamento sulla parete settentrionale, che si affacciava a strapiombo sulla Valsugana con un pauroso dislivello verticale, superiore ai mille metri. Le esposte e altissime cenge furono collegate con scalini e passerelle di legno, che consentivano un incredibile ed aereo passaggio al sicuro. Oggi il sentiero è quasi completamente franato e le labili tracce si perdono fra i dirupi della parete. Dopo la travolgente operazione austro-ungarica "Strafexpedition", nel maggio-giugno 1916, i forti si ritrovarono lontani dal fronte e rimasero poco operativi fino alla fine della Grande guerra. 

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